Il Ninfeo Paris e Ponte Placido a San Vittorino

Nella prima edizione un capitolo era dedicato ai fascinosi dintorni di San Vittorino, un tempo sconosciuti.

Durante il Covidocene, “grazie” a zone gialle/fucsia/arancia/rosso/rosso pompeiano/nero avorio … i dintorni di San Vittorino, trovandosi nel comune di Roma, sono divenuti oggetto di massici assalti all’arma bianca da parte dei romani, massacrati da divieti che manco in Germania Est antecadutamuro.

D’altra parte ai romani sono rimaste poche cose da poter fare, fra cui il camminare in natura.

Questo per dire che non troverete qui descritti i luoghi della prima edizione: la cascata, divenuta meta di pellegrinaggi che manco Lourdes e che è stata da poco tempo interdetta al pubblica dal proprietario e, poi, Ponte Terra che è, oggi, fin troppo noto.

Andremo piuttosto in cerca di due siti al momento sconosciuti e quindi in linea con questa guida.

Ah! Per una volta “partiamo dal centro storico di Roma e precisamente da Porta Maggiore (magari una domenica mattina, senza il traffico dei feriali), ovvero dal punto in cui convergevano otto acquedotti, uno dei temi di questo blog.

Il Ninfeo Paris a San Vittorino

Lungo la Prenestina, all’altezza di Villa Gordiani, regno di Carla, se svoltiamo a destra giungiamo al Parco Giordano Sangalli, dove abbiamo l’esempio più imponente di arcata di acquedotto all’interno della città (al netto del periferico parco degli Acquedotti, le cui arcate non passano vicino alle case come qui).

Riprendiamo la Prenestina, superiamo il GRA e imbocchiamo la Polense: una strada che mi ha sempre affascinato.

Si dirama dalla Prenestina fra case sbrecciate e cumuli di immondizia ai lati e lambisce la vitale borgata di Castelverde, regno di Luciana Fedora, dove i cittadini mantengono un piacevole senso di comunità.

Poi, senza che ce ne accorgiamo, il paesaggio muta e, dal bivio con la diramazione per il casello della Roma – Tivoli (dove un casale, rimasto intatto nel tempo, spartisce il traffico), la Polense entra, maestosa, nella campagna romana.

Qui le profonde forre misero a dura prova le capacità dei Romani, i quali, per portare l’acqua alla più grande metropoli della Terra fino al 1800, scavarono gallerie di centinaia di chilometri ed eressero ponti per permettere agli acquedotti di superare le forre.

A proposito, fare il pontefice a Roma, ovvero il costruttore di ponti, era una professione di prestigio.

E lo è ancora oggi.

Il Ponte Placido a San Vittorino

Detto questo, superiamo le deviazioni verso Palestrina e verso Poli, proseguiamo dritti in direzione di San Vittorino e sottopassiamo un arco di roccia, ennesimo Stargate che ci manda dritti dritti indietro nel tempo.

Prima del solitario borgo fortificato di S. Vittorino (poco dopo termina la strada asfaltata), che sembra distare mille chilometri dalla capitale mentre siamo ancora, appunto, nel comune di Roma, ci fermiamo a visitare una grotta artificiale, chiamata Ninfeo Paris e facente parte di una villa di epoca imperiale.

La galleria, ancora visibile, che portava l’acqua alla fontana, veniva captata dall’acquedotto di Villa Adriana, distante un migliaio di metri in linea d’aria: ennesima meraviglia ingegneristica dei Romani.

Il Ponte Placido a San Vittorino.

Riprendiamo l’auto e andiamo a parcheggiare presso l’agriturismo San Germano.

Se ci saremo messi d’accordo con i proprietari (Gianmarco e il fratello) in particolare qualificandoci come membri della confraternita dei luoghi segreti a due passi da Roma (eheheh!), costoro ci daranno il permesso di entrare nella loro proprietà e di effettuare un’avventura breve e intensa.

Arriveremo al termine del loro sterminato uliveto, dove ci troveremo sul ciglio del Fosso di Ponte Terra.

L’agriturismo San Germano presso Il Ninfeo Paris e Ponte Placido a San Vittorino

A questo punto dovremo tirare fuori il machete e scendere, approfittando di sporadiche cinghiovie che tagliano obliquamente il ripidissimo pendìo.

Circa quindici minuti e innumerevoli graffi e scivolate nel fango dopo, saremo sul greto del torrente.

Andremo verso sinistra (verso valle).

Subito incontreremo una strana costruzione: “L’Eremo della Perfezione” dice l’insegna, con all’interno un grande tavolo: di certo luogo di bisboccia dei ragazzi degli anni ’60 che vi scendevano dalla parte opposta, meno ripida e ora in terreno privato.

Qualche metro ancora verso valle e, voila, il ponte!

Semidiruto eppure fascinoso.

Ne ho visti tanti in questi decenni di perlustrazione e ogni volta è un’emozione.

Questo, poi, ha l’accesso più periglioso di tutti.

Non l’arcata di acquedotto, come le tante dei dintorni, ma un vero ponte.

Ah! Ma perché “Ponte Placido”?

Perché il primo a divulgarne l’esistenza è stato Marco Placidi, amico e presidente di Sotterranei di Roma, che, con somma modestia, gli ha dato questo nome.

E sapete cosa abbiamo fatto una volta ammirato il ponte?

Che Silvia e io, tornati all’agriturismo San Germano, dove, dopo esserci letteralmente sfangati, Gianmarco ci ha imbandito un tavolo al sole primaverile con vista sul monti che circondano Tivoli e ci ha ammannito le leccornie della casa.

Superslurp!

Agriturismo San Germmano presso il Ninfeo Paris e Ponte Placido a San Vittorino

Di luigi plos

57 anni, con una figlia di 21, ho sempre avuto una grande passione per l’avventura, che ho cercato per molto tempo in alta montagna e, negli ultimi anni, vicino Roma. Fin da ragazzo rimasi infatti sorpreso dalla smisurata quantità di luoghi segreti a due passi da Roma. Così, dopo oltre vent’anni dedicati all’alpinismo e all’escursionismo di buon livello ho cominciato, nel 2011, a perlustrare in modo sistematico il territorio dove vivo (cosa che peraltro avevo sempre fatto), conoscendolo in modo sempre più approfondito. Questa conoscenza si è concretata in circa cinquecento articoli postati su questo blog, in cinque guide escursionistiche e tanto altro. Il tutto sempre inerente i luoghi sconosciuti e straordinari intorno alla capitale e il tutto intervallato da riflessioni su politica, ambiente, clima, energia (il risparmio energetico è l'altra mia occupazione).

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