Dopo avere narrato le mie due precedenti esperienze: ma sono utili i manuali di alpinismo-prima parte e ma sono utili i manuali di alpinismo-seconda parte, ecco la terza (e poi arriva la quarta).
Sui manuali di alpinismo si legge una regola base: informarsi nel dettaglio sulle condizioni del sentiero che si intende percorrere.
Bene, nel settembre del 1993 – con l’amico Giovanni Pigatto percorrevamo il sentiero che da Campo Imperatore ci avrebbe portato a dormire al rifugio Franchetti, per poi il giorno dopo salire al Corno Grande per il ghiacciaio del Calderone, e tornare alla macchina.
Arrivati alla sella del Brecciaio, potevamo o salire verso il passo del Cannone oppure scendere per un sentiero apparentemente più semplice che non conoscevamo.
Giovanni, più esperto di me, decise di scendere.
E ci trovammo, senza saperlo, a percorrere la ferrata Brizio, una delle quattro ferrate presenti sul Gran Sasso (oltre alla Ventricini, Danesi e Ricci).
Dopo averne fatto un pezzo, peraltro senza kit da ferrata, vedemmo con terrore che le scale che salivamo e scendevamo dondolavano sempre di più e anche le corde fisse non erano più ben fissate alla roccia, ma ci rimanevano in mano.
E tutto mentre procedevamo strapiombanti.
Stava inoltre per arrivare la sera e non avremmo fatto in tempo, anche per la stanchezza accumulata, a ritornare alla sella del Brecciaio, a salire al passo del Cannone e quindi a ridiscendere.
Anzi, dovevamo accelerare il passo.
Continuammo così a procedere sulla parete quasi verticale della montagna, aggrappandoci alla roccia, più che alle corde malmesse e miracolosamente arrivammo, che era ormai quasi notte, al rifugio Franchetti – io in piena crisi di nervi,
Al rifugio ci dissero che la ferrata Brizio era stata dismessa e non più manutenuta.
Sarebbe quindi stato importante, vitale direi, informarci di questo prima di partire.
Ma quando si è molto giovani e, inoltre, in un’epoca senza wikiloc et similia …



