
Di Sara Fianchini.
Le condotte delle Tre Fossate: un sistema di gallerie etrusche a Formello.
Si parcheggia all’inizio di Via Acquaviva. Ci si avvia e si volta per Acqua Palombina, siamo a Selva Piana. Il percorso è lungo, la strada è comoda.
Il vento è gelido e sferzante ma c’è il sole. I racconti e le chiacchiere rendono piacevole la camminata.
Saltando ogni tanto una pozzanghera, ha piovuto giorni prima, o sguazzandoci dentro, ci lasciamo il Fontanile di Acqua Palombina alle spalle.
Più avanti, sulla destra, il tumulo di Monte Aguzzo. Breve sosta.
Il tumulo è un’antica tomba di proprietà di una famiglia aristocratica etrusca: i Pepuna. E’ da qui che provengono due vasi oggi esposti al Museo Etrusco di Villa Giulia: l’Olpe Chigi decorato con varie scene e il cosiddetto alfabetario di Formello, un vaso che ha costituito un prezioso documento per la conoscenza dell’alfabeto etrusco.
Si prosegue lasciando la strada e costeggiando una distesa verde, un campo seminato.

I fili d’erba, ancora piccoli, lasciano intravvedere lo strato di terra marrone che li alimenta.
Ci siamo. Scendendo per un lieve pendio, tenendosi ai rami che frenano la discesa sul terreno fangoso siamo con i piedi nell’acqua.
Eccole, dinanzi ai nostri occhi le gallerie delle Tre Fossate: due diramazioni.
Al primo impatto sembrano poca cosa, a parte lo spettacolo della natura che come sempre lascia senza fiato:

i riflessi del sole che gioca tra i rami, lo scorrere lento dell’acqua, il fango che si arrende sotto i nostri piedi per ricompattarsi subito dopo il nostro passare. Sensazioni inusuali e strane.
Si entra, per qualche metro, nella galleria di sinistra e lo spettacolo che vediamo ci proietta in un mondo misterioso.
Il mondo degli Etruschi.

Che hanno scavato queste gallerie, solo con piccone e “olio di gomito”, per avere il controllo sulle acque.
La luce che entra dai lucernari gioca con le pareti, e anche puntando la torcia nei posti più bui, si può vedere come i colori si scatenano mostrando le loro tante facce.
Nella diramazione di destra, il tempo e l’erosione dell’acqua hanno lasciato in piedi quella che a me piace definire una piccola cappella rocciosa, aperta da ambo i lati. Non per questo priva del suo fascino.

E’ tempo di tornare.
Foto di copertina:
Milco Graziani.
