Tre riflessioni sul paesaggio prima di partire per l’avventura.
Nel tempo mi accorsi che il modo in cui guardavo il paesaggio, stava diventando simile a quello con cui lo aveva guardato Pasolini. Egli comprese l’importanza di mantenere l’identità e la cultura di un popolo e del suo territorio e, con probabili capacità divinatorie, vide un futuro di disgregazione.
Ebbene, tre persone che stimo, raccontando del mio lavoro di valorizzazione del territorio intorno alla capitale, si sono più o meno volontariamente rifatte a Pasolini.
Ecco la prima delle tre riflessioni sul paesaggio. Del super amico Lorenzo Borrè, compagno di scalate e ghiacciai, intellettuale di valore e organizzatore di convegni di alto profilo, pur facendo nella vita un lavoro prosaico, ovvero l’avvocato di successo (eheheh!):
“Le guide di Luigi, già nell’introduzione, confermano l’esistenza di un legame fra l’escursionismo e l’alpinismo, passioni coltivate dall’autore in quello spirito di scoperta che accomuna queste due attività, e che condivido con lui.
Non solo; la riscoperta di luoghi che sono un po’ l’anima nascosta del territorio che circonda Roma e che rimandano ad una geografia interiore spesso dimenticata, ma presente, richiama la filosofia del camminare di Henry David Thoreau, di quello “stare nella Natura” che è contemporaneamente stare nella Storia, attraversando, anche diacronicamente, il territorio.
Escursioni da fare da soli o in compagnia. Queste guide non possono mancare nella collezione di chi coniuga escursionismo, spirito di ricerca e amore per il proprio territorio”.
Inoltre Lorenzo, in uno dei suoi articoli filosofici pubblicati da Arianna Editrice, scrive quanto sotto che collima con il mio pensiero:
“La cultura di un territorio e dei suoi borghi è viva e vitale finché è forte l’epos che la fonda e la nutre, trasformando questo territorio in ethos, “il posto da vivere”.
Il cedimento di questo retaggio di fronte alla spinta annichilente della globalizzazione si registra con lo spopolamento dei borghi, conseguenza non solo di uno stravolgimento delle economie locali, ma anche di uno spaesamento, causato da insediamenti commerciali e industriali che stravolgono il paesaggio e con esso la geografia interiore di quanti in quel territorio vivono da generazioni.
E di qui, appunto, la sensazione di spaesamento che porta ad abbandonare i borghi aviti, che sopravvivono – quando va bene – nella forma dell’albergo diffuso, per andare ad abitare in anonimi agglomerati urbani, più adatto ai ritmi del “produci, consuma, crepa”.
La morte delle culture particolari, cosi come quelle delle specie su cui si fonda la ricchezza della biodiversità, rischia di diventare un fenomeno irreversibile, con il conseguente dissolvimento di modi di vivere, di saperi, di piccole arti e di identità locali che costituiscono la nervatura culturale del Paese.
E tra le culture quasi scomparse amo ricordare quella dei butteri pontini: l’epos delle paludi pontine e della loro bonifica, vide appunto tra i suoi protagonisti il buttero, archetipo antropologico che rappresenta l’uomo integrato nella natura, nella sua durezza, ma anche nei suoi ritmi, l’uomo che vive a cavallo e che ha i suoi riti, le sue feste, i suoi giochi per mitigare la severità delle condizioni estreme delle paludi … “
Il secondo amico è Luca Bellincioni, insegnante e attento valorizzatore dei paesaggi e della cultura del Lazio con il suo blog “Il Lazio dei misteri“ e con i libri, scritti insieme alla compagna Daniela Cortiglia: “I Castelli abbandonati “ e “ I luoghi del mistero e dell’insolito“.
Eccolo:
“Dopo oltre cinquanta anni di abbandono e disinteresse, durante i quali si è parlato di Campagna romana quasi solo in termini pasoliniani o di denuncia di degrado, ora questo territorio, dato da molti per spacciato (cosí ne parlava il milanese TCI in un libro di oltre vent’anni fa sui paesaggi d’Italia con una compiaciuta visione antiromana) si riscopre non solo ancora bellissimo, pur nell’ovvia frammentarietá comunque minore rispetto ad altre metropoli, ma addirittura avventuroso.
Il lavoro di Luigi di riscoperta e documentazione potrebbe avere notevoli risvolti sociali, culturali se non politici.
Oggi ogni ulteriore metro di Campagna Romana dato ai costruttori é un crimine contro l’ambiente e la cultura.
Meno male che c’è Luigi, che si prodiga nel mostrarci quanto abbiamo sotto gli occhi (e che troppi non vedono per ignoranza) e quanto rischiamo continuamente di perdere”.
Il terzo è una terza, Linda Cottino, scrittrice e penna di spicco di Montagne 360, il magazine del Club Alpino Italiano, uno dei più letti in Italia: oltre 320.000 soci/lettori.
Ecco cosa scrisse in merito alle mie guide sul numero di novembre 2020 di “Montagne 360”.
“Camminare, in Italia, sempre più si afferma come un atto rivoluzionario.
All’inizio magari inconsapevole, ma che si insinua nell’animo e mette radici. Diventa un bisogno come l’aria. Ma un atto tanto semplice e normale come può essere divenuto rivoluzionario?
Di fatto oggi, all’alba del terzo millennio, è più che mai un atto di volontà; perché ci costringe a lasciare la nostra confort zone, perché riportandoci al cuore del territorio ci sbatte in pieno volto la disintegrazione delle bellezze paesaggistiche avvenuta con l’industrializzazione della seconda metà del Novecento; e perché poi questa rinata consapevolezza può indurci a modificare almeno un po’ i nostri stili di vita.
A ben guardare è una tendenza che si è affermata già da qualche tempo, ma in questo “anno del virus” la spinta a esplorare i paraggi delle nostre case si è come rinsaldata, è divenuta un bisogno primario, di movimento, di impressioni incontaminate, di libertà.
Luigi Plos l’aveva già sperimentato tre anni fa, quando iniziò a percorrere sentieri e viottoli nella campagna a nord di Roma, subito a ridosso del famigerato raccordo anulare, riscoprendo opere mangiate dalla natura e paesaggi fascinosi divenuti invisibili, cascate, cave, acquedotti, vestigia dell’impero romano, insediamenti medievali dimenticati dal tempo”.

Stiamo per partire, amici avventurosi.
Ora abbiamo la prova provata che i dintorni di Roma, per la loro selvaticità e le loro suggestioni, sono unici al mondo grazie alla commistione durata millenni tra la morfologia del territorio (che ha permesso l’isolamento di ampie aree) e l’uomo.
Facendo questi itinerari comprenderemo che possiamo allargare i nostri confini, anche senza per forza uscire da quelli territoriali, comprenderemo che solo la conoscenza del nostro territorio e della nostra storia possono, forse, tenere in piedi il nostro paese, visto che il nostro passato è il carburante del nostro futuro e comprenderemo che scoprire il nostro territorio è un atto di libertà e di sviluppo sostenibile.
Nella foto di copertina: la campagna romana alla Caffarella (dentro Roma).
