
Tre luoghi segreti unici al mondo.
Siamo al quarto tassello, che compone un progetto di marketing integrato e scalabile, che possa innestarsi in una strategia volta a sviluppare il turismo nel Lazio.
Nulla manca, infatti, nell’implementare filiere, che permetterebbero alla provincia di Roma, e per estensione al Lazio tutto, di moltiplicare il numero e la qualità dei turisti e divenire interamente patrimonio dell’Unesco.

Inoltre, in venti e passa anni di esplorazioni e dopo avere scritto di oltre cento luoghi segreti nei pressi di Roma, sono giunto alla ragionevole conclusione che alcuni di questi sono probabilmente unici al mondo (ne potrete leggere più estesamente sul blog e nelle tre guide).
Fra i tanti possiamo vederne tre, a mio parere unici al mondo, in merito ai quali non ci sono o quasi fonti di carattere storico o archeologico alle quali attingere. D’altra parte se questi cento e passa luoghi fossero stati noti, e non sconosciuti, non ci sarebbe questo blog né le tre guide ai luoghi segreti a due passi da Roma.
Ne assaporeremo la spettacolarità, soprattutto se faremo un po’ fatica un po’ per raggiungerli.
Eccoli:

1) Il sistema delle gallerie etrusche di Formello
2) Il Ponte Coperto presso Ceri
3) Il Fosso Rigomero presso Vetralla.
1)Il sistema delle gallerie etrusche di Formello.
Avevo sempre pensato che il territorio di Formello fosse meraglioso, prima ancora di esplorare le gallerie etrusche.
Un luogo che è in realtà è un coacervo di luoghi diversi, dove lo spettacolo si ripete ogni giorno e dove è stato raggiunto il massimo dell’effetto naturale con il massimo della tecnica.

Sono i circa cinquanta i chilometri di gallerie etrusche, che si trovano fra Roma e Formello.
La loro scoperta è stata un crescendo, grazie anche ad alcuni amici di Formello, che presidiano e preservano con passione il territorio.
“Caspita!” esclamai entrando nella prima galleria.
“Che suggestione!!” entrando in quella successiva.
“Straordinaria!!!” Allorché mi inoltrai nella terza, dove, dopo avere fra le varie superato un laghetto grazie a una scala, arrivammo a un punto di intersezione con ulteriori cunicoli, che drenavano le acque dei pianori sovrastanti.
Alla quarta galleria, ancora più grandiosa, avevo esaurito gli aggettivi, e poi la quinta, la sesta, la settima…, concentrate in poche migliaia di metri: un crescendo di emozioni.
La luce vi penetra in continuazione dall’alto da fori giganteschi; si esce e si rientra nell’oscurità.

E l’opera di erosione da parte dell’acqua in questi tremila anni si è sovrapposta all’azione scavatrice degli etruschi, così che l’artificiale degli etruschi è divenuto naturale.
Vere e proprie grotte, da percorrere talvolta con attrezzature speleologiche.
Chissà se questa passione degli Etruschi per le vie cave e le gallerie, oltre che per motivi di percorrenza e motivi idraulici, era dovuta anche alla loro religione che, più che al cielo, era rivolta alla Terra: basti pensare alle necropoli.
2) Il Ponte Coperto di Ceri.
Avevo sempre pensato che il sistema delle gallerie etrusche di Formello fosse un unicum, finché alcuni amici, conoscendo il mio punto debole, non mi vellicarono, parlandomi di un ponte sodo (ovvero galleria di utilizzo idraulico) particolare presso Ceri, che non erano riusciti a percorrere per tutta la sua lunghezza.
Non avevo trovato strano, sul momento, questa loro affermazione, visto che altre volte io stesso non avevo potuto percorrere interamente alcune gallerie a causa dell’acqua troppo alta, o di frane, o di cascate interne che rendevano necessarie attrezzature specifiche.

A poca distanza da Ceri, già di per sé straordinaria, solitaria e fortificata in modo cinematografico sul suo promontorio di roccia, lasciamo la macchina e ci caliamo sul fondo di una profonda forra.
Ne percorriamo il fondo e, dopo numerose curve, ci troviamo all’improvviso davanti a una cavità gigantesca con una più piccola a lato, e con altre ancora più piccole, scavate in un grande catino di roccia.
E qui, rispetto alle gallerie di Formello, l’erosione ha esagerato in grandiosità, allargando a dismisura il vecchio cunicolo di drenaggio e abbassandone il fondo, fino a formare una grotta dalla volta immensa.
La percorriamo con torce e caschetti.
Dopo un tratto nell’oscurità completa e un salto di roccia con una piccola cascata, arriviamo in un grande ambiente che preannuncia il termine della galleria, con il rivo che si fa strada tra le frane.
Siamo all’uscita, e la traversata di questo luogo straordinario è completa.

3 Il Fosso Rigomero.
Avevo sempre pensato che il Ponte Coperto di Ceri fosse un unicum, finché alcuni amici, conoscendo il mio punto debole, non mi vellicarono, parlandomi di un piccolo fiume assai particolare, presso Vetralla, quindi a un po’ più di due passi da Roma.
Altro che particolare! Per la quantità di ambienti disassemblati a poca distanza l’uno dall’altro, lo ritengo il sito più stupefacente fra quelli da me esplorati.
Lasciata la macchina ai bordi di un’anonima strada bianca che taglia il consueto, arioso, mansueto e panoramico paesaggio della campagna laziale, facciamo pochi passi e ci immergiamo nella meraviglia.
In poche centinaia di metri troviamo gallerie etrusche, una cascata che sbuca da sotto le arcate di un antico acquedotto, una dolina di sprofondamento che non sfigurerebbe nel Carso, un vero canyon simil alpino/appenninico pur in miniatura, al termine del quale un’altra cascata spumeggia fra le rocce con forza inusitata.
E, per concludere, una profonda e stretta via cava come tante che abbiamo visto (per esempio quelle di Ceri).

Ma questa via cava ha una caratteristica unica anche rispetto alle ventine che ho visto in decenni di escursioni: è scavalcata da un esile, antichissimo, ponticello di pietra, largo non più di settanta centimetri e senza parapetto; e questo farebbe ipotizzare che incanalasse l’acqua.
Un ponticello vertiginoso a sufficienza per chi si sente di percorrerlo.
Insomma una summa delle varie forme di paesaggio viste nel blog.
Luoghi come questi, se si trovassero, che so, in Francia, verrebbero attrezzati, pubblicizzati ad alzo zero e fatti pagare congrui biglietti per visitarli.
E potremmo dare ai turisti un bene disponibile in quantità, e sempre rinnovabile: il senso del sublime e dell’avventura.
Un bene che l’Italia possiede molto più degli altri paesi e che compone il ben-essere dello spirito.
Foto di copertina: il fosso Rigomero – di Matteo Bordini.
