Risparmio energetico e pubblica amministrazione.

Ancora alti lai!
Riprendendo il discorso iniziato in altri post, abbiamo ormai appurato che in Italia risparmio energetico e pubblica amministrazione non vanno purtroppo d’accordo. Abbiamo già visto alcuni motivi. E approfondiamoli:
chi deve decidere di solito si astiene da ogni implicazione o approfondimento sul tema, per non dover cambiare il proprio modo di pensare e per non rischiare nulla, anche se lo stipendio che prende è parametrato alle responsabilità che si deve assumere
chi deve decidere non “paga” le bollette (tanto le paghiamo noi contribuenti), e non è quindi sensibilizzato a risparmiare
chi deve decidere, quando si attiva per attività di efficientamento energetico, le dà spesso in appalto – senza gara – a fornitori già presenti, che quasi mai offrono le soluzioni con il miglior prezzo/prestazioni. Costoro sono spesso solo mediatori che girano tali commesse a subfornitori. Si remunerano quindi intermediari, che non aggiungono valore
chi deve decidere raramente riceve linee guida da seguire: i governi durano sempre troppo poco per attivare progetti di ampio respiro, e pertanto nessun risparmio raggiunto nella gestione dell’immobile riesce normalmente a rientrare come risorsa a disposizione di chi ha investito tempo e soldi per ottenerlo.
Così, anche se si ha la possibilità di investire, cosa che presuppone il rientro dopo almeno due anni, non lo si fa, perché non si sa se dopo due o più anni si è ancora nello stesso posto, e non si vuole rischiare di avvantaggiare chi viene dopo.
Eppure, cito dalla gazzetta ufficiale dell’unione europea:
“il settore pubblico costituisce uno strumento importante per stimolare la trasformazione del mercato verso prodotti, edifici e servizi più efficienti…
la diminuzione del consumo di energia grazie a misure che permettono di migliorare l’efficienza energetica, può liberare risorse pubbliche da destinare ad altri fini…”
Quindi l’Europa ci chiede di aumentare l’efficienza, di arrivare a edifici a energia quasi zero. Però c’è sempre qualche ostacolo.
Quando invece vogliono far passare qualche legge impopolare, allora “ah, ce lo chiede l’Europa!”.
Ergo, grazie anche alla gabbia del patto di stabilità (che, vedi sopra, è anche usato da molti dirigenti come scusa per non fare nulla, dal momento che – abbiamo visto – si può anche investire in efficienza energetica a costo zero) raggiungiamo un duplice disastroso obiettivo:
a) Il patrimonio immobiliare perde sempre più valore, e non solamente per via della deflazione e del progressivo scoppio della bolla immobiliare della quale parleremo in un prossimo articolo
b) si preferisce far fronte a spese correnti pazzesche: bollette, manutenzioni….ovvero si continua a bruciare risorse anno dopo anno.
Vogliamo a questo proposito accennare alle municipalizzate di tanti comuni, infarcite di personale strapagato e inutile, composto in larga parte di parenti/amici/amanti della classe politica, che puntellano i loro bilanci vendendo l’energia a prezzi sopra mercato al loro cliente, ovvero al comune tantosiaumentanoletasseaicittadini?
Ricapitoliamo: non solo non si frena il degrado degli immobili (quando invece investendo, dopo mediamente due anni si rientrerebbe dei costi e si comincerebbe a guadagnare) ma si va a spendere complessivamente enormemente di più in spese correnti annuali.
Mentre la burocrazia non fa altro che continuare ad autoperpetuarsi, a controllare, e a scaricare le responsabilità.
Chissà quando mai impareremo che l’efficienza non è un optional, ma è una scelta obbligata, visto che stiamo andando verso un’era di scarsità di risorse.
E chissà quando risparmio energetico e pubblica amministrazione saranno parole da poter declinare insieme.
luigi plos
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