
Le pestarole di Costa Frigida.
Siamo al luogo segreto vicino a Roma n. 27. A circa 15 KM dal Grande Raccordo Anulare.
E di nuovo nella mia zona del cuore: il Parco di Veio.
Per inciso nella stesura del post mi ha aiutato Gianfranco Marchetti, valente guida escursionistica di Castelnuovo di Porto.
Innanzitutto qual è il modo migliore di arrivarci?
Per me è stato quello di prendere il treno Roma-Viterbo, che la domenica mattina parte da P.le Flaminio alle 8.30 per Sant’Oreste, e arriva a C.vo di Porto alle 9.15.

Vorrei aprire una parentesi: consiglio a tutti, almeno una volta nella vita, di prendere il treno da Roma piazzale Flaminio a Viterbo per l’intero percorso, partendo da Roma la mattina dei soli giorni festivi ( partenza del treno per Viterbo la mattina dei giorni festivi alle 7 e alle 9.30).
L’ideale è una domenica d’inverno, soleggiata e magari nebbiosa. E le 2 ore e 40 minuti per percorrere i poco più di 100 KM diventano un godimento assoluto: il tempo vola guardando dal finestrino vallette tufacee e colline, boschi e ruscelli, altopiani assolati come nei pressi di Falerii Novi e oscure tagliate nel tufo. E poi la vista dal basso di Vignanello e l’attraversamento di Bagnaia, incantevole con le sue case di tufo scuro; le tante deliziose stazioncine isolate e spesso edificate su crinali aperti e panoramici; e lo skyline del Soratte (che visto da sotto – dal finestrino del treno – è impressionante), dei Cimini e dei Sabini a chiudere a corona questi paesaggi magnifici.

Dicevamo: si arriva alla stazione di C.vo di Porto e, dopo un cappuccino ristoratore al bar della stazione, si cammina giù e su per forre tufacee e colline, lungo i sentieri tracciati da Gianfranco, fino ad avvicinarsi alle pestarole di Costa Frigida.

Dico avvicinarsi, perché le pestarole stanno all’interno di un terreno privato e recintato, senza sentieri che le raggiungano.
E trovarle non è semplice.
Le pestarole sono, come potete vedere dalle foto, fori rettangolari scavati – in epoca medievale – in un grosso blocco di roccia vicino all’impluvio detto di “Costa Frigida”.
In questi veniva pestata l’uva e il succo passava dai fori più in alto a quelli più in basso.
Infatti nel medioevo questa zona era ricoperta di vigne fino all’insediamento di Belmonte.
Ed è difficile immaginare questa distesa di vigne, là dove ora ci sono solamente altopiani senza alberi e parzialmente utilizzati per il pascolo, fino alla dorsale che va da Riano a Morlupo.
Parliamo ad ogni modo di un paesaggio agrario, che già dal tempo dei Romani era non solo utilità ma anche bellezza. Anche per il modo con cui producevano in modo sostenibile, salvaguardando le risorse: suolo, acqua, vegetazione e di conseguenza la diversità biologica. E l’ intervento di generazioni di uomini hanno valorizzato e accresciuto questa diversità, che è alla base della cultura agroalimentare che stiamo perdendo!

Dopo avere visitato le pestarole di Costa Frigida, e anche il suggestivo impluvio poco distante, si sale un ennesimo crinale dal quale si ha la visione di una vallata quasi alpina, si scende ripidamente in un ennesimo incantevole fosso, si risale nuovamente a scavalcare un’ennesima recinzione fino a una strada bianca.
E si arriva in pochi minuti alla periferia di Sacrofano, in vista del suo affascinante centro storico.
luigi plos
