
Nel numero di Traveler National Geographic Inverno 2018 trovi un mio articolo, con le splendide foto di Paolo Petrignani.
Ecco qualche stralcio dell’articolo.
… un giorno, come surrogato alla montagna, mia grande passione fin da adolescente, che avevo temporaneamente tralasciato per via della frugola, camminavo lestamente nella sottostante valle del Sorbo e notai una valletta laterale che mai, fino a quel momento, aveva attirato la mia attenzione.
“Cucù!” Mi fece la valletta. La imboccai e, calatomi nell’alveo del fosso sottostante, apparvero una serie di cascatelle incastonate nelle rocce. Neanche sull’Appennino avevo mai visto una teoria di piccole cascate così incantevoli.
Seguii il corso del fosso (seppi poi che si chiamava Fosso della Torraccia), giunsi sulle rive del fiume principale, il Crèmera e, poco dopo, mi trovai al cospetto del ponte medievale e della cascata della mola di Formello, un’altra meraviglia che in passato avevo visto solo distrattamente, e dall’alto (foto a pagina XX).
Cominciai così a perlustrare il territorio intorno alla casa di campagna a cerchi concentrici sempre più ampi, spesso con Angela e con la frugola sulle spalle, e non avrei più smesso.

Scoprii così il sacro Graal dell’avventura e delle emozioni, ma non lo scoprii ad Alessandretta, dove lo trovò Indiana Jones dopo essere passato per Utah, Portogallo, Italia e Gemania, bensì vicino casa.
Insieme ai compagni di avventure Marco De Santis, Matteo Bordini di Vagabondo Viaggi, Claudia Bettiol di Discover Places e a tanti altri, cominciai a vedere il territorio dove vivevo con nuovi occhi: forse con gli occhi che dovette avere Goethe, allorché rimase stupefatto dalla visione della campagna romana. (Scrisse Proust a questo proposito: “L’unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell’avere nuovi occhi”.) …
quelli che siamo per vedere sono una piccola parte dei luoghi sconosciuti e fascinosi alle porte di Roma. Nelle tre guide “Luoghi segreti a due passi da Roma” potrete leggere di settantacinque luoghi straordinari nei dintorni della città.

Bene. Iniziamo questo viaggio nei secoli.
Le gallerie di Formello: il genio degli Etruschi.
Il nostro viaggio parte, quasi tremila anni fa, da Formello, il cui suggestivo centro storico sembra distare mille chilometri da Roma.
Saliti, invece, sulla torre civica, che domina la compatta marea di tetti in coppi di cotto, scorgiamo le prime abitazioni della metropoli.
Formello è una porta da saloon per l’avventura.
L’avventura la troviamo all’interno dei circa cinquanta chilometri di gallerie (molte delle quali franate), scavate dagli Etruschi per drenare l’acqua dei campi e renderli così coltivabili.
La scoperta di queste gallerie è stata un crescendo, grazie anche ad alcuni amici di Formello, Ilaria Canali, Francesco Braghetta e altri, che presidiano e preservano con passione il loro territorio…
… continuiamo a girare in senso orario intorno alla città e giungiamo nella zona fra Roma e Tivoli, appena a oriente della metropoli.

Celate nella vegetazione, come le cave e le gallerie etrusche, troviamo le immense arcate degli acquedotti (foto di copertina), posate sopra le numerose forre presenti nella zona.
Questi acquedotti, dal fascino per nulla inferiore a quello dei ruderi Maya, sono considerati la più grande opera di ingegneria di tutti i tempi fino al 1800: Roma Regina Aquarum.
A connettere le filiere dell’acqua e dell’edilizia c’era, poi, il sistema di comunicazione, anch’esso entrato nell’immaginario collettivo, dall’Appia (Regina Viarum) a tutte le altre vie…
… Gli incastellamenti: i presidi della civiltà nel medioevo.
E ora un altro salto in avanti nel tempo.
Intorno al 100 D.C. Roma aveva oltre un milione di abitanti. Dopo quattro secoli e mezzo ne aveva trentamila.
Cosa avvenne di così catastrofico, da ridurre il numero di Romani del 97%?

Il fatto più drammatico fu la guerra greco – gotica, che annientò metà della popolazione italiana e che nello specifico causò, a Roma, la distruzione degli acquedotti da parte dei goti durante l’assedio.
Così i Romani sopravvissuti, senza acqua potabile, una logistica che li rifornisse di cibo e un esercito che li difendesse, sciamarono nelle campagne circostanti e fondarono ventine di insediamenti, che spesso sorsero nella modalità “incastellamento”, ovvero su precedenti siti etruschi o falisci, spesso a picco su forre sul fondo delle quali c’era il binomio cascata/mulino e con abitazioni e depositi scavati nella roccia, ed edificarono presidi come Torre Fiora, a Monterotondo, appena a nord est di Roma (foto a pag. xx).
Quindi l’opera geniale dei nostri antenati non si fermò con la caduta dell’impero, ma continuò fuori della città, andando a rimodellare il paesaggio e attivando nuove filiere, del tessile, dell’agricoltura ecc.
Al contempo il Cristianesimo, nel bene e nel male, si affermava in modo pervasivo, prendendo possesso di tutti i luoghi di culto pagani, come, ad esempio, la straordinaria chiesta ipogea di S. Nicola (in precedenza un mitreo) (foto a pag. xx), non distante da Monterotondo, nel territorio di Guidonia, il cui accesso è nascosto fra i prati incolti e non è individuabile da chi non ne conosca l’esatta ubicazione.
Il medioevo non fu quindi affatto oscuro come ci hanno abituato a pensare, in particolare intorno a Roma, ma fu ben più ricco e vitale di quanto immaginassimo…
