
Fin da piccolo ho fatto escursionismo d’alta quota (e alpinismo).
Uno degli aspetti più gratificanti di andare in montagna è il vedere il verde che cede il passo ai toni caldi dell’autunno, virando al giallo, e al rosso. I larici sulle Alpi e i faggi in Appennino, specialmente nel Parco Nazionale d’Abruzzo, raggiungono una gamma di sfumature impensabili, e la natura si trasforma in magia.
Nella campagna romana, per via della diversa copertura arborea, non si hanno queste atmosfere uniche di contrasti cromatici, pur potendo anche intorno a Roma godere dei colori autunnali.

Questo fino all’autunno del 2017, allorché il mio cervello, nel corso dei sopralluoghi ai Luoghi Segreti a Due Passi da Roma, ha cominciato a disorientarsi, a registrare qualcosa che non quadrava, ovvero il turbinio di colori autunnali che rendevano i dintorni della capitale simili alle montagne abruzzesi.
Il massimo si è raggiunto a dicembre, con le foglie che sembravano non voler più cadere.

La causa è presto detta, e non è positiva.
Il fatto che le foglie non cadessero più, e il loro straniante cromatismo, è stato causato dall’interminabile insolazione (e calura) di questo terribile 2017, peraltro il secondo anno di siccità consecutivo, e la cui gravità non è stata presa in considerazione in particolare dalla nostra classe politica.
Oggi, inverno 2017/2018 ha ricominciato a piovere in modo normale, ma, a parte il fatto che deve piovere veramente tanto per ricaricare le falde, le quali hanno perso buona parte delle riserve accumulate nei secoli, è assodato il fatto che il clima è cambiato, in particolare nella campagna romana.
Basti pensare alla pazzesca tromba d’aria del novembre del 2016 che, partita dal mare di Ladispoli, superò valli e colline (da quando in qua una tromba d’aria, per di più in Italia, supera le colline?) con un’energia mai vista dalle nostre parti e devastò una striscia di terreno per decine di chilometri.
Ecco perché mi auguro che non si ripeta più lo straordinario foliage dell’autunno del 2017 intorno a Roma.
La foto di copertina è di Matteo Bordini.
