
Se c’è una cosa che mi colpisce regolarmente, allorché perlustro i dintorni di Roma, è la quantità di animali selvatici che incontro, o dei quali trovo tracce, o dai quali mi sento osservato con i loro occhi fruscianti, mentre sono celati tra le fronde.
Mi colpisce ancora di più per il fatto che, come alpinista ed escursionista, frequento l’Appennino, se pur in modo più sporadico rispetto a una volta.
Ebbene, affermo, in modo contro intuitivo, che in Appennino ci sono molti meno animali rispetto ai dintorni di Roma.
Mi impressionarono, a questo proposito, una serie di escursioni fatte nell’estate del 2017 sui monti Simbruini, dove stordiva l’assoluto silenzio (non un uccello che cantasse) e dove quasi totale era la mancanza di tracce di animali.

Invece la fauna è ancora numerosa, sia intorno a Roma che nelle riserve naturali all’interno della città, nonostante le bonifiche, la Cassa del Mezzogiorno per quanto riguarda le zone a sud di Roma e l’antropizzazione in genere.
Abbiamo volpi, cinghiali (anche troppi!), faine, tassi, ricci, istrici, bisce dal collare, salamandrine dagli occhiali, tartarughe.
Anche l’avifauna è ricca: quasi cento specie di uccelli fra le quali tanti rapaci, per i quali ho una sviscerata passione: gheppi, falchi pellegrini (in foto), poiane, civette, barbagianni, gufi.
Non c’è volta, allorché basculo nei territori specialmente a ovest di Roma, che non mi capiti di vedere falchi pigri e maestosi che giocano con il vento. E poi… quant’è bello sentire, nei boschi, il canto bitono del cuculo.
Ma come è possibile questa dovizia di animali selvatici intorno alla città più abitata d’Italia dopo, oltretutto, secoli di caccia spietata?

Tre, direi, sono i motivi fondamentali:
- 1. il clima
2. la presenza delle forre
3. il divieto di cacciare
Cominciamo con il clima. Il Lazio, e la provincia di Roma in particolare, si inserisce in un contesto climatico di transizione fra l’appennino e la costa.
Si tratta di una fascia mite e temperata, con poca variazione di temperatura fra estate e inverno e una di solito moderata quantità di precipitazioni.
Tutto ciò permette quella che è probabilmente la maggiore biodiversità in Italia.
Poi abbiamo le forre. Tante. Quante volte ne abbiamo parlato?
Dedicammo un post alle forre presenti intorno a Roma e potemmo in tale occasione leggere della ricchezza di flora e fauna in quello che è un ambiente affascinante e inatteso.
Sono luoghi caratterizzati da una notevole eterogeneità ambientale con ecosistemi diversi: fluviale, rupestre, boschivo, agricolo e dall’inversione termica: la temperatura diminuisce man mano che si scende dagli altopiani sul fondo dei fiumi, con le nebbie che spesso ristagnano.

Troviamo così all’interno di esse, grazie anche all’assenza di vento, una grande ricchezza di flora e di fauna, in grado di utilizzare le numerose nicchie ecologiche fornite dal sistema.
Le Forre, veri corridoi ecologici e scrigni pieni di tesori, rendendo difficoltose le comunicazioni, hanno ostacolato l’antropizzazione e hanno quindi provveduto a tutelare la fauna, in particolare in alcune aree a nord, a est e a ovest di Roma.
Un altro luogo di grande ricchezza faunistica è la fascia costiera, per esempio il bosco di Campo Ascolano, un luogo segreto dove andremo a breve.
A Campo Ascolano e nelle residue zone di macchia mediterranea presso il mare sono presenti, in particolare a primavera, le trosce, un misto fra laghi e acquitrini dove si è sviluppata una particolare fauna e flora.
Infine, sul divieto di cacciare, non dobbiamo dilungarci.
Una riflessione, infine, sull’animale al vertice della catena alimentare, più di tutti sottoposto regole della natura.
Regole che, purtroppo, cerca sempre di violare, subendo di conseguenza frane, alluvioni, siccità e, con queste scuse, desertificare tante meravigliose aree del nostro paese, tagliando servizi e risorse.
Foto di copertina: coppia di “pulcini” di falchi pellegrini presso Cerveteri.
Tutte le foto sono state scattate nel raggio di trenta chilometri da Roma.
