
Super post di Natale.
Per l’ennesima volta torniamo alle gallerie etrusche. Prima voglio però raccontarvi come le sentinelle/sensori sul territorio, ovvero gli indigeni che esplorano con passione il territorio dove vivono, con molti dei quali sono divenuto amico nel tempo, grazie al blog e al gruppo Facebook, scoprono questi luoghi segreti.
Per esempio l’amico Diego Perucchini, che così racconta come ha individuato un’antica condotta idraulica.
“Come non cedere al fascino irresistibile delle cavità sotterranee, che siano grotte, gallerie sotterranee o strettissimi cunicoli?
Quando poi si percepisce l’intervento umano in epoca antica, la curiosità aumenta e all’esplorazione puramente naturalistica si aggiungono interrogativi spesso di non facile soluzione: poco sappiamo infatti in merito alle opere sotterranee realizzate da antiche civiltà nei dintorni di Roma, se fossero di natura idrica oppure finalizzate al trasporto ed agli spostamenti.
E così è latente il desiderio irresistibile di penetrare in qualunque cunicolo a vista, e anche non a vista, ben sapendo che la fatica e il disagio verranno sempre ricompensati.

Il mio sguardo vaga sulla verde campagna circostante e……ooops!
Perché quel filare di alberi, che il mio occhio ormai esperto mi suggerisce essere un fosso con scorrimento idrico, termina all’improvviso contro il fianco di una collina?
Devo scoprire l’arcano. Parcheggio a bordo strada e, tralasciando il campo di grano dove termina il filare di alberi, ovvero il primo indizio, mi dirigo dalla parte opposta della collina.
Se un cunicolo esiste, e ormai anche grazie ai sopralluoghi con Luigi e Francesco l’ho imparato, questo deve sbucare dall’altra parte. Ed è questa ‘uscita’ che intendo scoprire.
Striscio fra i rovi in un foro di circa 60 cm, evidenziato dal transito di animali selvatici e raggiungo un ruscello di acqua limpida, che risalgo verso la sorgente. Pochi minuti e… ecco la prima emozione!
Davanti a me l’imboccatura di un cunicolo scavata nella roccia. La torcia rivela un tunnel alto circa due metri che svolta verso sinistra.
Mi incammino. Il fondo è inizialmente fangoso, ma gradualmente il livello dell’acqua aumenta fino ad arrivarmi alle ginocchia.
E questa è anche una fortuna, perché esclude la presenza di animali selvatici resi aggressivi dalla mia intrusione.

Nel complesso percorro circa 250 mt di lunghezza, l’acqua è pulita e solo in un punto c’è un cenno di sabbie mobili.
Sono presenti i consueti pozzi crollati. La larghezza non supera di molto quella delle mie spalle, da settanta centimetri ad un metro.
Man mano che procedo nel buio totale, il rumore dell’acqua che scorre mi accompagna, e il modificarsi della sua intensità mi fa intuire l’altezza delle pareti che mi circondano.
Spero esista l’uscita, perché non trovo entusiasmante dover rifare lo stesso percorso.
Il mio desiderio è esaudito: la luce! Non solo la claustrofobia cominciava a infastidirmi in questa solitaria avventura, ma ho anche la conferma della mia intuizione.
Al termine della condotta, proprio al termine di quel filare di alberi e nel campo di grano. esce dalla roccia un getto di acqua limpida.
Torniamo al quesito iniziale. Forse il cunicolo serviva a convogliarne le acque? Questo mi chiedo, guardando il manufatto antico posto sotto la sorgente: un piccolo abbeveratoio, che potrebbe dare agli archeologi la risposta che cerco… “.

Bene! Questo è ciò che si prova entrando, per primi o quasi, in una galleria etrusca, e non solo.

Denominata in loco “Le gallerie etrusche delle Tre Fossate”.
Mmmhhh…sul fatto che sia particolare sono un po’ scettico.
Di condotte del periodo etrusco ne ho viste tante, e voi con me. Tutte stupefacenti, e che creano un sistema storico-naturalistico-archeologico a mio parere unico al mondo.
Detto questo, cosa potrà avere di speciale rispetto alle altre questa ulteriore opera idraulica?
Infatti all’inizio è come penso io: anche qui camminiamo lungo sinuose e panoramiche strade bianche interpoderali, costeggiamo un campo fangoso coltivato a maggese, anche qui arriviamo sull’orlo della forra e anche qui ci scendiamo.
E invece… mi si para davanti qualcosa di mai visto.
A differenza di tutte le altre gallerie viste finora, infatti, a un certo punto la forra si biforca e dal bivio appaiono contemporaneamente due gallerie al termine delle due biforcazioni, entrambe visibili dallo stesso punto di osservazione.

Eccoci all’interno della prima, ormai quasi del tutto collassata, con a corredo una serie gallerie più piccole che sbucano dalle pareti.
Ne usciamo, retrocediamo fino al bivio e prendiamo la diramazione in direzione della seconda opera idraulica.
E all’interno di questa tutto diventa ancora più straniante. Ce ne parla in un video un altro indigeno, l’archeologo Michele Damiani:
https://www.youtube.com/watch?v=nu9NB5K_afQ.
Qui possiamo osservare i resti delle colate laviche (da cui traeavano il tufo giallo, una delle pietre da costruzione più utilizzate nella Roma repubblicana ed imperiale) e, sopra queste, i resti dei depositi alluvionali, che si sono stratificati nel tempo.
Il tutto dalle molteplici striature: giallo, blu, rosso, bruno. Ma non c’è solo il caleidoscopio di colori.
Colpisce in particolare la vista degli strati di roccia, che sbordano in modo differente dalle pareti della galleria.
Questo è dovuto al fatto che le eruzioni vulcaniche prima, e i sedimenti poi, hanno creato materiali di natura diversa.
E così l’acqua, in due millenni e mezzo, ha eroso maggiormente gli strati più teneri, e meno quelli più resistenti.
L’erosione è stata comunque rapidissima, come per le altre gallerie dei dintorni, scavate nel tenero tufo.
Anche qui si raggiungono infatti, e si superano, i dieci metri di altezza, dacché l’altezza originaria era di circa un metro. Questa è l’opera della natura.

Poi c’è l’opera dell’uomo: si notano i colpi di scalpello e i consueti pozzi di servizio, che si aprono come lucernari con i consueti eppure sempre sorprendenti giochi di luce.
Questi pozzi erano utilizzati per portare via il materiale di scavo e per la manutenzione successiva.
Quelli non collassati mantengono la forma rettangolare, affinché chi scavava le condotte, fosse sempre correttamente direzionato.
Insomma, un’altra immersione, fisica e mentale, in un mondo arcano, in un ambiente selvaggio e straniante, lontano e misterioso, a pochi chilometri da Roma; e un’altra miscela unica di natura e di opera dell’uomo.

E, usciti dalle gallerie etrusche delle Tre Fossate,
per non farci mancare nulla, completiamo la super mattinata con la visita ai sotterranei della poco lontana Villa Chigi!

Ringrazio il super fotografo Milco Graziani per le super foto, inclusa quella di copertina.