L’ho preannunciato nel capitolo precedente: chiudiamo con il botto.
Qui e nel prossimo post: due anelli superbi e inediti lungo il Mignone, l’altro mio fiume del cuore oltre al Crèmera.
Nel post in via di preparazione su Ripa Roscia ci andremo a nuotare.
Il fatto è che, insieme ai luoghi che stiamo per vedere, molti altri punti del suo percorso sono legati a miei intensi ricordi.
Eccone due.
A sedici anni, in un gelido febbraio, con gli scout pernottammo all’addiaccio presso le rovine di Monterano.
Ancora intontiti dal freddo, il mattino dopo camminammo lungo il suo corso fino al meraviglioso borgo di Rota, oggi purtroppo inaccessibile.
Ah! Far dormire, oggigiorno, dei ragazzi all’aperto, e per di più in inverno, è una cosa inconcepibile, in un mondo dove tutto deve essere ovattato e protetto.
Ed è a mio parere è un danno.
Questa è la prima generazione di adolescenti che (al netto del massacro psicologico perpetrato ingiustamente ai loro danni dalla psicotica gestione dell’emergenza covid) non deve passare prove di coraggio o altro come hanno fatto tutti gli adolescenti probabilmente per milioni di anni; neanche il militare fanno più.
Eppure gli uomini, per affrontare nel modo giusto la vita, devono essere messi alla prova durante l’adolescenza (e questo capita ancora oggi in tante culture primitive).
Altrimenti il rischio è che rimangano mammolette impaurite, che si imbavagliano spontaneamente anche quando camminano da soli e di notte e che si ammazzano di smartphone anziché di sport.
D’altra parte questo fa molto comodo a chi ci governa: nessun rischio di rivolte e altro: tutti timorosi, allineati e coperti.
E poi … ci si sono messi anche trent’anni di Mediaset a rincoglionire i giovani, e non solo, con il beneplacito di TUTTI i partiti che hanno permesso che Mediaset occupasse frequenze che non le appartenevano.
L’altro ricordo è legato al punto in cui il fiume sottopassa il ponte della ex Ferrovia Orte-Civitavecchia, una delle tante linee ferroviarie capolavoro degli ingegneri italiani e sventuratamente dismesse, e luogo di felici nuotate estive.
Questo ponte, famoso fra gli escursionisti laziali, è stato il crocevia di tante perlustrazioni effettuate in questo territorio selvaggio.
Sopra di esso, alle due di notte di un sabato di fine agosto del 2015, un gruppo di sette valorosi (me compreso) sostò per rifocillarsi alla metà esatta di una traversata in mountain bike lungo la ex ferrovia.
Questa traversata era iniziata tre ore e mezza prima alla stazione di Capranica, dove arrivammo da Roma con il treno, alle 10.30 di sera e sarebbe terminata, dopo l’attraversamento della parte nord dei monti della Tolfa e la successiva vertiginosa discesa verso il mare, tre ore e mezzo dopo, alle 5.30 di mattina alla stazione di Civitavecchia dove, dopo la più deliziosa colazione mai fatta in un bar di stazione, salimmo sul treno delle 5.58 della domenica mattina, che da Civitavecchia ci riportò a Roma.
Si si. D‘accordo.
Avanti ora con il nostro itinerario!
Partiamo dal punto dove pernottammo all’addiaccio in quel gelido febbraio di quarant’anni fa, arriviamo al Mignone e ci mettiamo a risalirlo.
Dopo averlo guadato e diverse mandrie di mucche dopo, giungiamo dove il Mignone si apre in una radura pascolosa e maestosa.
A questo punto lasciamo il greto del fiume e prendiamo una traccia di sentiero che rimonta un folto bosco.
Ed ecco la sorpresa: al termine della ripida salita sbuchiamo sull’ampio prato dove si trovano i celebri resti della chiesa di San Bonaventura.
Ma ci sbuchiamo dalla parte opposta dalla quale arrivano tutti gli altri, che lasciano le auto nei vicini parcheggi.
E questo è ancora più straniante per chi è già stato a Monterano, che rimane sorpreso dal cambio di prospettiva.