E questo sarà il settimo itinerario inedito della nuova guida, in cui troverete info dettagliate.
La Val Rosandra, che percorsi trent’anni fa, è una valle alpina singolare: sembra di stare in alta montagna.
Invece inizia a soli ottanta metri sul livello del mare, subito dopo l’ultima abitazione di una frazione di Trieste.
Ah! L’abitazione in oggetto altro non è che il rifugio “Premuda” del CAI, il rifugio alpino a più bassa quota d’Italia e, penso, del mondo.
Punto di partenza per le escursioni in questa celebre valle, la quale è celebre per le sue peculiarità, fra cui i resti dell’ardita ferrovia che la percorreva aggrappata ai ripidi pendii e per la cascata, meta di nuotate per triestini e non nei mesi estivi.

Questa cascata dista solo una dozzina di chilometri in linea d’aria dal centro di Trieste e mai avrei immaginato che avrei trovato a pochi chilometri da Roma simili cascate.
Il fatto è che la ricchezza delle falde, anche in un’area non particolarmente piovosa come il Lazio, e l’erosione di strati rocciosi teneri, ha favorito la nascita di numerose cascate, peraltro all’interno di forre profonde e selvagge.
Circa vent’anni fa (inizio 2001), come si sa urbi et orbi, scoprii la forra del Crèmera, a circa dieci chilometri in linea d’aria dal GRA.
Una passione morbosa, che mi portò a perlustrarla metro per metro, fino a giungere, un dì, al cospetto della cascata dell’Inferno, ormai anch’essa nota urbi et orbi e, un altro dì, al cospetto della cascata nei pressi della sorgente del fiume.
Per anni, quindi, sguazzai in questa forra da una cascata all’altra.
Poiché la cascata dell’Inferno, pietra di volta del progetto “Luoghi Segreti a due passi da Roma” è interdetta dal 2020 dal Parco di Veio, così come tutti i corsi d’acqua fuori dai sentieri ufficiali, cercai il modo di ammirarla dall’alto.
A ottobre 2020, la svolta.
L’amico Diego Perucchini, Lucumone Massimo di Sacrofano, mi comunica che, per i suoi asinelli (Asinelli di Veio), ha da pochi giorni aperto a roncolate una traccia che lambisce l’orlo della forra e che collega la cascata nei pressi della sorgente del Crèmera e la cascata dell’Inferno.
La verifico: in alcuni tratti è a picco sull’abisso, per adrenalinizzarci un po’, ma … se po’ ffa’!
Iniziamo attraverso gli assolati altopiani sommitali del Sorbo.
Scendiamo poi a precipizio in un folto bosco, risaliamo su un altro altopiano con ampia vista sugli antichi edifici vulcanici del Monte Razzano e del Monte Musino, scendiamo di nuovo a capofitto nel clou dell’escursione.
Ed eccoci finalmente sull’orlo superiore della forra, che percorriamo fino a giungere al cospetto della cascata dell’Inferno la quale dall’alto è altrettanto maestosa che dal basso.
In particolare nel corso del singolarmente piovoso inverno 2020/2021.
Giriamo intorno al grande catino roccioso che la contiene e ce la godiamo sia frontalmente che arrivandovi proprio sopra.
A un certo punto scendiamo sul fondo della forra, lungo una traccia ripidissima con alcuni cordini che agevolano l’erta discesa.
Il fatto è che dobbiamo ammirare la “galleria vegetale”, ovvero il punto dove il fiume si incunea fra maestose pareti rocciose di un verde brillante per la totale copertura vegetale favorita dalle cascatelle che stillano da ogni dove.
E, poi, a quel punto, andiamo a contemplare la poco lontana cascata iniziale, attiva solo in periodi piovosi.
La foto di copertina della cascata dell’Infermo dall’alto è di Paolo Leonardi.
Molto interessante, mi piacerebbe molto partecipare alle escursioni