
TORRE FIORA E LA FORTIFICAZIONE DI CAMINATA
La via Reatina da Grotta Marozza alla Bassa Sabina
In un inverno avanzato, una luce intensa disegna le sagome delle nubi nere. Ci si chiede quanto questi squarci di sole possano durare; forse il tempo sufficiente per proseguire a piedi la via bagnata e tappezzata di aghi di pino rossi caduti con la tempesta durante la notte. Oltre i casolari di Grotta Marozza, l’antica Osteria, il tracciato della via Reatina prosegue verso nord-est per affrontare un dolce dislivello per mezzo di un tracciato sterrato dalla cui modesta sommità si apprezza la stretta vallecola del Fosso della Fiora che corre quasi parallelo a quello della Bufala.
Verso occidente la campagna si apre in distese di terra arata e molle. La strada, discendendo, prosegue parallela al corso d’acqua verso est, proseguendo idealmente la direttrice stradale reatina, sullo sperone tufaceo, quasi promontorio di crinale, delimitato dal Fosso della Fiora, rimangono gli elevati ruderi della torre del “Podium de Flora”.
Nel 1276, in un atto, si rinviene la presenza di un “castellarium seu casale quod dicitur podium de Flora cum turri et palatio in ipso castellario”.
Si tratta di quanto viene venduto dai figli di Raynaldus de Palumbaria a Deodato della vicina località di Cretone. Sebbene dalle espressioni notarili non si possa comprendere quale fosse la realtà materiale cui si facesse riferimento nel documento “castellarium” assimilato qui al “casale” viene inteso e identificato il complesso insediativo di Poggio di Flora; questo appare costituito dalla torre e dall’annesso edificio residenziale che, l’ispezione in loco, vede corredato di modesto circuito murario, di cui ne rimangono tracce, realizzato con una tecnica meno raffinata benchè sostanzialmente contestuale alle altre volumetrie.

Interessante la descrizione dell’atto che, oltre ad altri beni immobili e confinazioni, registra la presenza di un mulino “positum in dicto rivo de Flora in pede dicti castellarii Podii de Flora” che non pare identificabile con l’opificio idraulico apparentemente di secolo XVI-XVII posto non già “in pede” del poggio ma presso il ponticello che attraversa il torrente molto più ad est, al termine dell’attuale via Santa Maria delle Camere.
Oggi il complesso di Fiora è posto all’interno di una proprietà privata.
Attenti recenti studi hanno attinto alle indagini avviate già da Jean Coste nel 1980, che ebbe ad ispezionare la torre a base quadrata realizzata eminentemente in laterizio anche di recupero a foggia triangolare. L’apertura originale doveva trovarsi in quota e la torre offriva, se ne leggono le tracce nella vera e propria sezione osservabile dal ciglio del Fosso della Fiora, una serie di volumetrie interne divise da solai lignei di cui restano gli alloggiamenti dei travetti.
Un terzo livello è caratterizzato da evidenti tracce di una volta a botte e aperture longitudinali; il piano superiore è parzialmente crollato. Un accostamento formale può essere eseguito con il Torraccio, eccezion fatta per il materiale da costruzione.
Il documento indica, quale elemento di localizzazione, l’importante direttrice della “strata Reatina” che proviene da “Castro Cripte Marotie” (cioè la fortificazione di Grotta Marozza lambita dalla attuale dritta strada) e che va a “Caminata”. E’ lo stesso Jean Coste che grazie alle sue ricerche riesce ad identificare la fortificazione di Caminata, ancor oggi poco nota.

Il toponimo rimanda ad una costruzione dotata di ampia sala di accoglienza ovvero una struttura eminentemente residenziale che, tuttavia come già specificato altrove, non perde gli intrinseci requisiti di difesa. Il “castrum Caminata” ricorre con frequenza nelle confinazioni del “tenimentum” del Poggio di Fiora e, come questo, ha subito un precoce quanto repentino spopolamento, stando alla documentazione residua, con conseguente alterazione e rovina degli edifici.
La via Reatina, prima di giungere al “Podium de Flora”, probabilmente o puntava direttamente verso nord-est lambendo il poggio tufaceo di Fiora o, come sembra suggerire il citato documento, seguiva controcorrente l’omonimo corso d’acqua per attraversarlo ove un successivo documento di secolo XVI registra disposizioni e spese per l’edificazione di un ponte (presso il richiamato opificio) per poi proseguire rettamente ricalcando, oltre l’attuale statale SP35d, la via dell’Osteria di Moricone.
Mantenendo una inclinazione maggiore verso est il percorso reatino è probabile seguisse il tracciato dell’odierna Via Nomentana Vecchia lungo la quale, sulla cresta di una insellatura, sorgono i resti di Caminata, alle porte della Bassa Sabina.

Erano i primi caldi e nel dedalo di stradine di campagna incassate nella vegetazione improvvisamente rigogliosa mancare una precedenza o perdere un bivio era un gioco da ragazzi. Ma a volte anche i giochi da ragazzi richiedono attenzione. Tramite l’osservazione satellitare delle campagne e delle direttrici viari individuai i resti murati di quello che era stato il “castrum Caminata”, anche sulla scorta degli appunti di Coste.
Dalla realtà satellitare alla realtà delle stradelle della Bassa Sabina comunque, il passo è lungo.
Provenivo dalla SP23b, dalla strada del Laghetto poco oltre il Ponte delle Tavole ove avevo beneficiato di una estenuante attesa degli ultimi ritardatari delle corse ciclistiche primaverili. Mancai il bivio per via Nomentana Vecchia due o tre volte, ma in compenso conoscevo a menadito la strada del Laghetto. Una volta trovati i ruderi, tutto sembrava più facile: essi sorgono lungo la detta via sul rilievo che sovrasta un laghetto di pesca sportiva detto non a caso “La Muraccia”.
Un pendio dalla terra gialla appena fresata arricchito da vecchie piante di ulivo, fave da contraltare alle opposte pendici tagliate nette nel tufo; la sommità del dolce declivio è occupata da una sorta di promontorio, o altipiano allungato, un tempo evidentemente delimitato da mura e occupato da edifici. L’estremità occidentale è segnata dalla presenza di un alto moncone murario, tracce di ambienti interrati, resti della cisterna intonacata e brani di muro crollati. Da una scala a pioli ancora appoggiata ad un olivo colsi i ruderi e la fitta natura che si stava riappropriando dei propri spazi.

[…] di Simone De Fraja […]