(Questo sarà il secondo capitolo della nuova guida in cui troverete info dettagliate. Itinerario inedito).
Cari avventurosi; per essere dentro Roma – a si e no sei chilometri dal Vaticano – quest’itinerario è più sorprendente di quanto crediamo.
Pochi secondi di mountain bike o pochi minuti a piedi dalla stazione di Ipogeo degli Ottavi e, senza accorgercene, ci troviamo fra boschi di essenze mediterranee, tracce di istrici, ricci, volpi e cinghiali, specchi d’acqua stagionali detti trosce ricchi di anfibi e insetti, sughere, spianate di sabbia (un tempo c’era il mare).
Tanto che sembra di stare chilometri lontani dalla metropoli.
Costeggiamo in discesa una forra boscosa e atterriamo nella valle principale dell’Insugherata. I palazzi sono spariti e gli unici suoni e odori sono quelli della natura.
Proseguiamo nella valle lungo la Via Francigena e precisamente lungo l’ultima tappa.
Prima del Covidocene era frequente fare un tratto di escursione con pellegrini, zaini in spalla, ansiosi di giungere alla poco distante, agognata, meta: San Pietro. Dopo essere partiti chi tre giorni prima, chi sette, chi quattordici, chi un mese prima.
Detto questo, né i pellegrini né la gran parte dei frequentatori della riserva sanno che su una collina a lato della Francigena esiste un suggestivo moncone di torre, di epoca probabilmente romana, presso il quale si gode una vista d’altri tempi.
Anch’io, decennale frequentatore dell’Insugherata, mai sarei andato in cerca di questa torre, invisibile dal fondovalle, se non fosse arrivata la dritta dell’amico Matteo Ruinas.
Ci tocca quindi la salita alla torre: Cima Coppi di questa traversata. Rimaniamo in quota e arriviamo a una quercia da sughero (segnata su google earth come “quercia di Fibonacci”) con un altro panorama niente male.
Ora ci tocca scendere di nuovo in valle e risalire sul versante opposto in un altro luogo non comune, specie con la luce del tardo pomeriggio: le “Erosioni dell’Insugherata” (di cui leggeste nella prima edizione). Somigliano, dato lo stesso tipo di terreno, a quelle altrettanto straordinarie del poco distante Parco del Pineto e, come queste ultime, sono circondate da sughere “chemancoinsardegna”.
In questo ambiente irreale, di disfacimento, è facile immaginare di essere fra i calanchi che circondano Civita di Bagnoregio.
A proposito! La riserva dell’Insugherata e quella del Pineto formano un corridoio ecologico quasi senza interruzione (anche per gli spostamenti degli animali selvatici; cinghiali per esempio. Eheheh!) dal GRA fin presso il Vaticano e tutto all’interno del mio municipio: il XIV. Un ultimo strappo e dalla valle torniamo in città a poca distanza dalla stazione di San Filippo Neri.