
LA TORRE DEGLI ARCI (Tivoli). Di Simone de Fraja.
Rovinismo umano e naturale.
Forse mi mette in imbarazzo il fatto che nel 1835 a Luigi Valadier, per incarico della commissione Nibby, Folchi e Grifi del Camarlengato per le antichità, fosse assegnata l’esecuzione dei rilievi relativi al monumento dei Plautii alleggerendolo dalle superfetazioni.
Forse disturba il pensiero che l’approccio conservativo di Valadier, nel 1835 si è detto, si rivelò sorprendentemente improntato principi informatori così come le soluzioni tecniche adottate, la riqualificazione e la bonifica dalle acque che a più riprese esondavano dall’Aniene minando la staticità del mausoleo-torre.
Forse è per questo che da quell’angolo di storia sfregiato dall’abbandono, sebbene recentemente riqualificato e prontamente squalificato dall’oggi, distolsi lo sguardo cercando di sovrapporre l’immagine mentale del ponte e del mausoleo fortificato come riportato dalle incisioni di P. Parboni (1829) o di C . Vasi in “Delle Magnificenze di Roma”.
Da Tivoli presi la strada che sale costeggiando il Fosso dell’Empiglione. Un ramo del condotto di approvvigionamento idrico dell’Anio Novus superava l’Empiglione con un ardito manufatto a doppio ordine di archi di cui oggi resta un pilone in grossi blocchi di tufo.

La strada sottopassa i resti di due manufatti idraulici il primo dei quali minore ed in gravi condizioni statiche; il secondo di enorme imponenza e suggestione rimasto impresso nella tela di Thomas Cole, A view near Tivoli, scenografie del teatro della natura velato da una atmosfera irreale.
“Tratto tratto si vedono ancora frammenti di acquedotti, i quali valicano la corrente, assumendo proporzioni smisurate, incendiandosi dalle basi ai fastigi nella luce vulcanica del tramonto. Presso il ponte degli Arci gli archi enormi dell’Anio Novus giganteggiano vicino alle condutture più modeste dell’Aniene Vetere e della Marcia” (A. Colasanti, L’Aniene, Italia Artistica, 1909).
Dunque ad oriente di Tivoli dall’eredità di Roma antica rimane il nodo viario del Ponte degli Arci (archi) sull’Empiglione, dal quale si snodano la via “ad castellum Sancti Angeli” oggi Castelmadama e la “via publica Ampolloni”, l’Empolitana, oltre altre direttrici per le fortificazioni ed insediamenti di Cicci, Flacci e San Gregorio.
All’estremità diroccata del maestoso pilone si staglia controluce una piccola torre medioevale che, fondata sulla struttura romana, costituisce una composizione pittoresca e surreale. Le immagini artistiche di questa località, come ad esempio la tela di Cole, mostrano che il fornice sopravvissuto dell’acquedotto venne successivamente tamponato, fino al secolo scorso, come anche mostrano alcune fotografie d’epoca: una cortina muraria in cui ricavarvi un passaggio carrabile di minore ampiezza e dunque maggiormente controllabile.

Pare probabile che grazie ad un ridimensionamento della luce del fornice dell’Anio Vetus e Novus che scavalca il tracciato di mezzacosta, lambito dalla profonda rupe del fosso e dal fianco della montagna si delimitasse una sorta di ricetto intercluso tra i due tratti di acquedotto.
Sulla spalla del pilone, quasi una concrezione marina sullo scoglio, resta una torretta quadrangolare di lato di circa cinque metri. Lo spessore murario della torre si aggira poco oltre i sessanta centimetri e la struttura occupa quasi tutta la superficie sovrastante l’acquedotto larga meno di sei metri, quasi venti piedi romani e mezzo.
La torre, nel 1929, fu oggetto di intervento da parte della Soprintendenza ai Monumenti e, poiché in odore di rovina a causa delle lesioni e sgrottamenti, venne assistita mediante risarciture, in parte ancora ben evidenti, ed incatenamenti.
Simone de Fraja.
La torre degli Arci merita da una sola una prolungata seduta di contemplazione.
Dopodiché, se non se ne ha abbastanza, si può percorrere una strada in salita che rimonta l’altura che sovrasta l’arcata, prima asfaltata, poi sterrata, poi sentiero, per giungere sulla vetta del Monte S.Angelo in Arcese. Un luogo contemplativo e bellissimo, dove le rovine del tempio del santuario della Dea Bona si amalgamano fantasticamente con le piante rampicanti e le rovine dell’insediamento medievale.
Luigi Plos
La foto di copertina è “A view near Tivoli” di Thomas Cole.
