
Eh già! Di nuovo nelle gallerie del territorio del Parco di Veio.
Ci torniamo con un contributo di Diego Perucchini (in uno dei suoi cunicoli nella foto di copertina). Bravo Diego! Che ti muovi sul territorio alla ricerca di posti sconosciuti, proprio come faccio io!
“Come non cedere al fascino irresistibile delle cavità sotterranee, che siano grotte, gallerie sotterranee o strettissimi cunicoli?
Quando poi si percepisce l’intervento umano in epoca antica, la curiosità aumenta e all’esplorazione puramente naturalistica si aggiungono interrogativi spesso di non facile soluzione: poco sappiamo infatti in merito alle opere sotterranee realizzate da antiche civiltà nei dintorni di Roma, siano esse di natura idrica oppure finalizzate al trasporto ed agli spostamenti.
Dopo alcuni sopralluoghi per gallerie tra Formello e Sacrofano, effettuati con Luigi, Francesco e altri amici, ha ormai preso anche me il desiderio irresistibile di penetrare in qualunque cunicolo a vista, e anche non a vista, ben sapendo che la fatica e il disagio verranno sempre ricompensati.

Così un tardo pomeriggio di primavera mi trovo verso sera nel triangolo del Parco di Veio compreso fra Sacrofano, Formello e Magliano.
Il mio sguardo vaga sulla verde campagna circostante e……ooops! Perché quel filare di alberi, che il mio occhio ormai esperto mi dice che deve delimitare un fosso con scorrimento idrico, termina all’improvviso contro il fianco di una collina?
Devo scoprire l’arcano. Parcheggio la macchina a bordo strada e, evitando il campo di grano in cui termina il filare di alberi, il mio primo indizio, mi dirigo dalla parte opposta della collina.
Se un cunicolo esiste, e ormai anche grazie ai sopralluoghi con Luigi e Francesco l’ho imparato, questo deve sbucare dall’altra parte. Ed è questa ‘uscita’ che intendo scoprire.
Striscio fra i rovi in un foro di circa 60 cm, evidenziato dal transito di animali selvatici, e raggiungo un ruscello di acqua limpida che risalgo nel senso della corrente. Pochi minuti e…ecco la prima emozione!
Davanti a me l’imboccatura di un cunicolo scavata nella roccia. La torcia rivela un tunnel alto circa due metri che svolta verso sinistra.
Mi incammino. Il fondo è inizialmente fangoso, ma gradualmente il livello dell’acqua aumenta fino ad arrivarmi alle ginocchia. Un sollievo, devo ammettere, perché questo esclude la presenza di animali selvatici resi aggressivi dalla mia intrusione.

Nel complesso percorro un tunnel di circa 250 mt di lunghezza, l’acqua al massimo arriva a 70 cm di altezza, è in apparenza pulitissima e solo in un punto mi pare di avvertire la presenza di sabbie mobili.
L’altezza delle pareti varia da un minimo di 1 mt e 30 a un massimo di 6 mt dove sono presenti pozzi crollati, per una media di 3 mt di altezza.
La larghezza non supera di molto quella delle mie spalle, da 70 cm ad un metro.

Man mano che procedo nel buio totale, il rumore dell’acqua che scorre mi accompagna e il modificarsi della sua intensità mi fa intuire l’altezza delle pareti che mi circondano.
Spero che esista l’uscita, perché non trovo entusiasmante l’ipotesi di rifare lo stesso percorso a ritroso.
Il mio desiderio è esaudito: la luce! Non solo la claustrofobia cominciava a infastidirmi in questa solitaria avventura, ma ho anche la conferma della mia intuizione.
Dove termina il cunicolo percorso in circa 30 minuti, esce dalla roccia un getto di acqua limpida proprio al termine di quel filare di alberi e nel campo di grano.
Torniamo al quesito iniziale. Forse il cunicolo serviva a convogliarne le acque? Questo mi chiedo guardando il manufatto antico posto sotto la sorgente, un piccolo abbeveratoio, che potrebbe dare agli archeologi la risposta che cerco”.
Di Diego Perucchini.
