
L’itinerario, di cui state per leggere, è unico fra le circa cento escursioni che trovate in questo blog, la maggior parte delle quali contenute, con le descrizioni per arrivarvi, nelle tre guide sui Luoghi Segreti a Due Passi da Roma. Per la prima volta percorreremo infatti un sentiero segnato, derogando quindi a una delle sei caratteristiche alle quali è necessario ottemperare, per essere annoverati fra i luoghi segreti:
- è praticamente sconosciuto. Spesso anche agli abitanti dei dintorni;
- non è generalmente indicato nelle guide escursionistiche più comuni;
- non ci arriva alcun sentiero segnato;
- l’ubicazione non è semplice da individuare
- è vicino a Roma (non più di 30 KM dal GRA. E la maggior parte si trova a pochissimi KM dal GRA)
- è sufficientemente suggestivo.
Il sentiero inizia dall’accogliente e panoramico ostello del Parco di Veio, dirimpetto alla stazione di Magliano Romano.

Perché questa precisazione? Ma perché sarebbe mooooolto più suggestivo, e sostenibile, effettuare questa escursione, arrivandovi con il treno. E precisamente con quello che parte dalla stazione di P.le Flaminio, a Roma Centro, e che arriva a Viterbo dopo due ore e quaranta di paesaggi da sogno.
Con la precauzione, non volendo continuare lo stupendo viaggio fino a Viterbo, ma di effettuare questa escursione, di suonare il campanello prima di arrivare, visto che la stazione, anzi la fermata, di Magliano Romano, è talmente solitaria, e ormai poco frequentata, che è facoltativa e, se non si suona, il treno non ferma.
(E io trovo questo fatto irresistibile! Un po’ come il binario 9 e 3/4 di Harry Potter!).
Dopo il cenno alle linee secondarie della rete ferroviaria italiana, così belle e così neglette, scendiamo nella valle, la risaliamo e giungiamo al Castellaccio, un’antica e imponente cisterna romana trasformata in torre nel medioevo.

Il luogo è bellissimo, a quindici chilometri circa dal GRA, ed è un balcone sulla parte nord del Parco di Veio.
Dopo aver goduto del panorama, giriamo intorno all’imponente Casalaccio e imbocchiamo il sentiero che digrada verso il fondo della gola che si apre davanti a noi.
Una deviazione ci porta a digradare lungo alcuni ripidi massi.
Scendiamo ancora tra la vegetazione bassa e sentiamo all’improvvisto un potente scroscio (ma questo solo dopo un periodo di giorni di pioggia. Tenete presente questo particolare).
Poche decine di metri e ci troviamo sull’orlo di una forra vertiginosa nella quale precipita un’alta cascata.
Sisi! E’ la classica cascata che chiude le forre tufacee a nord di Roma, come quella dell’Inferno e del Fosso del Peccato, e sembra essere spettacolare.
Peccato che dall’alto, per il rischio di cadere, non riusciamo a sporgerci e a renderci conto delle sue dimensioni.

Poco male! Procediamo lungo l’orlo della forra, entriamo in un canalone che scende con un’angolazione meno accentuata sul fondo della gola, fissiamo la corda a un albero, e ci caliamo.
Siamo passati rapidamente dalle ultime case di Morlupo, agli ampi pianori sommitali, a questa profonda forra ricca di acqua e di felci.
Retrocediamo risalendo il corso del fosso, superiamo di lato, con molta attenzione, due profondi laghetti e ci troviamo al cospetto della cascata.
E’ ancora più bella di come sembrava dall’alto: vertiginosa, spumeggiante, in una conca, scura in basso, assolata in alto.
Tornando indietro, una particolarità: un paleo alveo individuato dalla giovane archeologa Francesca D’Angelo, ovvero il corso fossile di un fiume antichissimo.
Risaliamo quindi sui pianori sommitali e completiamo lo splendido anello.

In poche migliaia di metri abbiamo visto tutto: resti archeologici, pascoli verdi, panorami immensi, sorgenti, forre dalla tipica vegetazione umida, caverne di tufo.
Un incanto per il cuore.
Con lo straordinario connubio di storia, natura e archeologia che si ripete ogni volta.