Ma … avete intuito che ho un debole per le cascate?

E che sono contento quando piove, al fine di vederle attive il più a lungo possibile, anche a costo di non portare i gruppi in escursione?
E che vicino Roma, nonostante la quota bassa e una piovosità non particolarmente elevata, ci sono (e questo è contro intuitivo) numerose cascate, che rimasero attive anche durante la siccità del 2016/2017?
E che queste cascate perenni furono, già nel Medioevo, casi di successo di sfruttamento di energia rinnovabile, con i mulini ad acqua?
Detto questo, non pensavo potesse esistere una cascata, non artificiale, all’interno della città, ovviamente al netto di quelle che si trovano sul territorio del comune di Roma, come l’imponente cascata di S. Vittorino, ma che sono in realtà distanti dalla città.

Invece l’amico Massimo Lazzari affermò un giorno che ce n’era una all’interno della riserva dell’Insugherata, fra i palazzi di Monte Mario e quelli della Cassia, a cinquemila metri dal Vaticano.
Rimasi incredulo per due motivi:
uno, perché mi piccavo di conoscere bene l’Insugherata;
due, perché non ritenevo possibile trovarsi ivi una cascata, dato lo scarso rilievo delle colline che formano la riserva.
D’altra parte ero stato più volte smentito nelle mie convinzioni.

Il fatto è che per venticinque anni, ovvero per tutto il tempo di frequentazione dell’Insugherata, non avevo mai imboccato un piccolo sentiero laterale, che pur avevo sempre lambito facendo jogging nella riserva, in attesa di ritirare la frugola che praticava equitazione poco distante da lì.
Né avevo mai imboccato questo piccolo sentiero, celato tra le fronde, durante le perlustrazioni.

Queste perlustrazioni, che alternavo con quelle nel Parco del Pineto e che facevo al tramonto, in primavera, assumevano un valore speciale, grazie alle fantasmagoriche fioriture, alle trosce (stagni stagionali, di cui vedete due foto) e agli improvvisi incontri con ricci, istrici e volpi.
Un dì, alfine, grazie alla consulenza incrociata degli amici Massimo Lazzari e Stefano Cardarelli riuscii a trovare la cascata effimera,
al termine di uno stupendo sentiero, che si inoltrava in un folto bosco, che sembrava di stare in montagna.

Cascata effimera, perché, nonostante fosse un periodo piovoso, non era putroppo attiva (e questa cosa non va bene per niente).
Il luogo era comunque suggestivo, anche perché un sentiero in salita, a poca distanza dalla cascata, mi portò sull’orlo di una spettacolare, e soprattutto inaspettata erosione, che faceva il paio con le erosioni descritte nella terza guida.
Ma non era finita, perché, tornando dalla cascata effimera verso la bicicletta (lasciata dalla parte di Monte Mario),
mi imbattei in un gregge di pecore, che mi riportò alle immagini anni ’70, quando i quartieri periferici romani erano talvolta attraversati da mandrie di animali.

Ah!, per chi non sapesse, Stefano Cardarelli è il Vate della Via Francigena.
Egli ha messo a disposizione il suo tempo libero per divulgarne il Verbo, su più livelli: porta persone sul percorso, comunica sui social e non e, soprattutto, eterna in poesia il fascino della via dei Pellegrini per antonomasia.
Dico ciò, perché il recondito sentiero, che porta alla cascata e alle erosioni, si distacca, nientepopodimeno che … dal tratto di Francigena all’interno dell’Insugherata.
