
Per alcuni anni ho lavorato a Marino. Uscendo dall’ufficio in tarda primavera e in estate, andavo sovente a correre lungo i sentieri del parco dei Castelli Romani.
Facevo in tal modo una delle attività che più mi gratificano: correre a quote variabili fra i 400 e i 900 metri, al tramonto, godendo di panorami sempre vari, senza patire troppo il caldo e preparando gambe e polmoni alle Alpi, previste in genere per agosto.
Più volte, lungo il bellissimo sentiero che dall’incantevole Nemi porta verso il lago di Albano, avevo notato il ripido vallone Tempesta che precipita verso il lago di Nemi, e che suggeriva visioni intriganti.

Ma il fatto che mi ci trovassi sempre al tramonto, la mancanza di sentieri che lo percorressero e poi che ero sempre “di corsa”, mi aveva sempre dissuaso dal discenderlo.
Ebbene, dopo diversi anni durante i quali avevo rivolto le mie attenzioni soprattutto alla zona a nord di Roma, un dì mi chiama l’amico Matteo e mi dice che ha esplorato il vallone, che non ci sono troppi rovi e che, discendendolo, si incrocia anche uno stupendo sentiero, non segnato sulla carta del parco, che ne percorre il versante destro.
Ecco dunque calarci nel vallone.
L’ambiente diventa subito magnifico. A un certo punto una cascata asciutta (questo secondo inverno di seguito di siccità e di caldo mi angoscia più che mai) impedisce la continuazione.
Aggiriamo il dislivello e scopriamo una curiosa struttura idraulica.
Uno dei fili conduttori degli articoli di questo blog, oltre alle cascate, umide e, ahimé, asciutte, è la quantità smisurata di opere idrauliche: una costante di Roma e dei suoi dintorni, come per esempio le captazioni che vediamo più sotto. Ma andiamo per ordine.

Arriviamo nella conca sottostante dove si aprono diverse grotte tutte artificiali.
Scendiamo ancora il vallone, incrociamo il sentiero, alto sulla destra orografica del fosso, e cominciamo a percorrerlo.
La sorpresa è grande: il sentiero si fa strada fra le rocce per il tramite di sei gallerie.
Certo, non sono le cinquantadue gallerie le Pasubio, ma l’ambiente è ugualmente fascinoso.
Ora, io non ho velleità di storico/archeologo.
Semplicemente amo il connubio fra la natura e l’opera dell’uomo, senza necessariamente approfondire.

D’altra parte la curiosità di sapere come e perché sia stato costruito un sentiero così strabiliante ci assale, ma le nostre domande rimangono senza risposta, visto che non abbiamo trovato info in merito.
Non lo percorriamo fino alla fine (probabilmente arriva a Genzano), ma ci fermiamo sopra un promontorio roccioso con super vista sul lago e su Nemi, sospesa a mezza costa lungo la parete della caldera.
Torniamo indietro e, nella parete di tufo, vediamo una porticina semi aperta.
Vi entriamo, e ci troviamo in un intrico di cunicoli che vanno a captare l’acqua in diversi posti della montagna, e che si intersecano. Anche quest’opera idraulica, come tutto il resto, è magnifica.
Usciamo alla luce del sole e torniamo alla macchina, dopo avere effettuato uno splendido anello a circa venti chilometri da GRA.

E cosa si può fare dopo? Per esempio si può andare a S. Angelo in Lacu, poco lontano, di cui troverete informazioni nel terzo (e ultimo) libro della collana dei “Luoghi segreti a due passi da Roma”, oppure alla tagliata Grotte delle Cave, descritta nel secondo volume.
E le indicazioni per il vallone Tempesta?
Troverai tutto nel terzo e ultimo volume!
Foto di copertina: grotta artificiale allagata nel vallone Tempesta.
