Premessa. L’itinerario di cui state per leggere è, probabilmente, il più complesso dei sessanta descritti nelle due guide di prossima pubblicazione.
In esse troverai le indicazioni dettagliate e i consigli su come percorrerlo al meglio, oltre a trovare le informazioni inerenti gli altri due super acqua trekking nei dintorni di Roma,
il primo lungo il Fosso di S. Antonino e il secondo lungo il Fosso dell’Acqua Raminga.

Nel film “Le Montagne della Luna” assistemmo alle avvincenti (dis)avventure degli esploratori Burton e Speke in cerca delle sorgenti del Nilo.
Successive esplorazioni evidenziarono che il Nilo non scaturiva da un punto preciso, ma da diversi laghi.
Le sorgenti del Crèmera hanno una prima analogia con quelle del Nilo: non si trovano in un luogo definito, bensì si spostano a seconda delle stagioni e della piovosità.
In primavera l’acqua percola dall’impluvio della caldera ai piedi del monte Razzano – fra Sacrofano, Formello e Campagnano – in punti diversi a seconda del periodo.
Durante la stagione secca non ci sono sorgenti, ma solo il velo d’acqua che scende dall’alto della forra in occasione delle rare piogge.

Una seconda analogia con le sorgenti del Nilo è che si tratta, con rispetto parlando, di avventura allo stato puro.
E “l’avventura dei luoghi segreti a due passi da Roma” iniziò qui.
L’ho narrato tante volte. E lo rifaccio!
Una fresca mattina di ottobre del 2001, affacciandomi dalla panoramica finestra della camera da letto della villa dove vivevamo con nostra figlia piccola, vidi la foschia salire dal fondo della caldera e intuii che laggiù, invisibile, doveva esserci qualcosa di particolare.
Giunsi, dunque, dove terminava la strada e cominciai a scendere lungo una traccia nel fitto bosco, che digradava ripida e sdrucciolevole.
Mi trovai in un ambiente selvaggio, senza sentieri, né traccia umana.

Sul fondo della caldera, nascosto dalla vegetazione, scorreva il Crèmera, che in quel punto entrava nella cupa forra rocciosa dominata dal santuario della Madonna del Sorbo.
Andai subito “in trip” con questo fiume, che esplorai in ogni anfratto nei mesi successivi, senza sapere cosa avrei trovato dopo ogni curva del fiume, allontanandomi ogni volta di più dal punto di partenza.
Era il richiamo della sfida senza senso alcuno.
Un giorno imboccai una piccola gola laterale e, al termine di una gola rocciosa, scoprii la Cascata dell’Inferno.
Fu proprio la visione di questa cascata – ormai anche i sassi lo sanno – che diede l’abbrivio alla ricerca sistematica dei “Luoghi segreti a due passi da Roma” (sarò giunto almeno venti volte al cospetto di questa cascata e una di queste, con l’amica Isabella Pratesi del WWF e con i nostri figli, a quel tempo piccoli, grazie all’occhio esperto di Isabella e dei bambini, abituati a notare cose che noi adulti non vediamo, trovammo le salamandrine dagli occhiali).
Una gelida e soleggiata mattina di dicembre percorsi, finalmente, il Crèmera fino alla fine.

Dopo aver camminato per un periodo indefinito sotto una copertura arborea totale, dopo aver lasciato la deviazione per la cascata dell’Inferno, dopo una teoria infinita di rapide, dopo una cascata inaspettata in una rientranza sulla destra orografica, giunsi in un punto dove la parete sulla destra orografica della forra, diventata verticale, aveva creato una specie di tetto ed era ricoperta di muschio, di piante rampicanti, di arabeschi di travertino, mentre veli di cascatelle scendevano dall’alto: un luogo fantasy come pochi altri.
Una vera galleria vegetale.
Ancora poche decine di metri e la gola del Crèmera si interrompeva bruscamente con una cascata che si incuneava fra le rocce.
Nel corso dei Crèmera Challenge provai, con le dovute differenze (Burton, Speke e compagnia rischiavano di finire in qualche pentolone; io al massimo finisco nel fango alle ginocchia, con graffi da rovi e con qualche storta), emozioni simili a quelle degli esploratori inglesi, che venivano attirati, come falene dalla luce, dall’Africa più nascosta e che andavano sovente incontro a morte e mutilazioni in cerca delle sorgenti del Nilo.
Ed ecco la terza analogia, sempre con rispetto parlando, fra le sorgenti del Crèmera e quelle del Nilo.
Così come agli stupefatti Speke e Burton apparvero i giganteschi laghi Vittoria e Tanganica (immaginate la sorpresa per un europeo di due secoli fa, vedere laghi così immensi, in Africa), così ai miei occhi apparve la “galleria vegetale”, i cui veli d’acqua sono una delle sorgenti del Crèmera.

Percorrere interamente la parte alta del Crèmera è un’esperienza fisica, mentale, esperienziale.
Bisogna risalirlo sia in mezzo all’acqua che, alternativamente, sulla riva sinistra e su quella destra, a seconda dei rovi e delle frane.
Il percorso diventa via via più complesso, fra rapide e massi viscidi, fino a giungere al cospetto della cascata terminale, che si fa strada a testate fra le pareti rocciose, formando un laghetto, più o meno esteso a seconda delle piogge: la meta dell’acqua trekking.

Per non dover tornare indietro, grazie al solito, ineffabile, Francesco Braghetta, e solo dopo molti, ma molti anni che andavo avanti e indietro, ho individuato una via di fuga.
In questo modo è possibile effettuare l’acqua trekking in un solo verso, uscendo dalla forra e tornando sulla strada, dove si sarà lasciata un’altra auto, in modo da renderlo “più semplice” e gratificante.
A oggi l’acqua trekking è interdetto per motivi di salvaguardia ambientale.
Queste perlustrazioni, per il fatto che la prima volta le feci senza sapere cosa mi aspettasse, né quanto tempo mi ci sarebbe voluto, mi fa sempre venire in mente ciò che scrisse Giovanna, una persona alla quale tengo molto, in occasione di una sua escursione sul Monte Amiata:

“ … oggi, camminando, ho avuto paura e la tentazione di tornare indietro.
Regnava un silenzio assoluto e quel tratto di bosco era particolarmente buio e in più non riconoscevo il sentiero.
Poi ho visto un capriolo e così sono andata avanti e, a mano a mano che andavo avanti, le tensioni si allontanavano e il bosco tornava a farsi amico.
Ho pensato alla corsa e alle Asana dello Yoga.
Se superi quel momento di difficoltà è fatta. Poi non ti fermi più.
Ho pensato alle difficoltà della vita, agli abbandoni.
A quante volte pensiamo di non farcela. E poi ce la facciamo. Quasi sempre, almeno.
Ho camminato due ore così, senza incontrare nessuno.
Il silenzio è stato interrotto ad un certo punto da un rumore di rami che cadevano da un albero e poi dal battere di un picchio che, non appena mi fermavo per avvistarlo, si faceva silenzioso.
Avrei potuto continuare ancora un po’, ma il tempo è tiranno e dovevo recuperare i miei in una piazzola di sosta.
Ce l’avevo fatta”
Foto di copertina di M. Bordini: la galleria vegetale – acqua trekking nei dintorni di Roma.

Molto interessante.
Abito a in campagna a Campagnano. Consco il territorio ma so che vi sono parecchi luoghi bellessimi e sconosciuti . Si potebbe e preveder un’ ecursione guidata, di una dozzina di persone anche con i miei 4 nipoti (da 9 a15) per esempio un sabto di ottobre ?
Posso ave e un no. di telefono ? Grazie
il mio è 333 9823513
Abito in Camapagna a Campagnano
Ho il ibro di Luig Plos. Molto intressante. Si potrebbe prevedere un’ ecursione guidata con una dozzina di persone compesi 6 ragazzini ( fra 9 e 15 ) in un sabato d’ Ottobre?
Posso avere un no. di telefono ?
Il mio è 333 9823513
hallo Marco Antonio. Volentieri. Il mio cell ‘ 346 5250421.