
Quest’itinerario è uno dei pochi, fra i circa cento descritti in questo blog, che si trova fuori della provincia di Roma.
(Ci sarebbe poi l’escursione al Fosso del Peccato, al confine che divide le province di Roma e Viterbo, e i castelli fra Nepi e Castel S. Elia).
Ad ogni modo anche qui, pur trovandoci in provincia di Viterbo, siamo a poca distanza da quella di Roma e a meno di trenta chilometri dal GRA.
Faleria, il paese da dove stiamo per partire per il luogo segreto di oggi,
è stata per un momento al centro della storia dell’occidente, e precisamente nel 1002, allorché nel vicino castello di Paterno morì Ottone III, imperatore del Sacro Romano Impero.
E la presenza di Ottone III testimonia il fatto che Faleria si trovava lungo un’importante via di comunicazione, mentre oggi è eccentrica rispetto alle strade consolari più vicine (Cassia e Flaminia).
Ma questo isolamento la rende ancora più suggestiva, specialmente giungendovi da Calcata, con la visione improvvisa del suo centro storico che sbuca tra le colline, apparentemente intatto come poteva essere nel medioevo.

Non per nulla è stata scelta nel tempo fra le locations di numerosi film (fra cui il recente ed esilarante “Quo vado”), in particolare del film “Nostalghia” di Tarkovsky, nella cui locandina è rappresentata la piazza
come rammenta l’assessore alla cultura di Faleria, Nicola Rinaldi, che, insieme agli indigeni Marco e Maurizio, mi ha fatto scoprire la meraviglia che stiamo per vedere.
Camminiamo liberamente lungo i vicoli del paese, godendo di scorci suggestivi, e scendiamo verso la parte più bassa del paese, da dove si ha accesso alla classica forra che cinge Faleria come un fossato.
Quasi tutti i meravigliosi paesi che si trovano all’interno del triangolo rovesciato, che ha il vertice a Roma e i lati lungo la Cassia e la Flaminia, sono cinti dalle forre.
Fra i tanti con questa prerogativa, visti in questo blog, troviamo Isola Farnese, Cesano, Formello, Nepi, Civita Castellana, Calcata, Mazzano Romano, Castel S. Elia…
Prendiamo quindi la strada bianca che parte dalle ultime case del paese e che, con un’elegante curva, percorre la forra a mezza costa.
A un certo punto imbocchiamo un sentiero che digrada verso il fondo della gola, e in pochi minuti ci troviamo ai piedi di una ripida collina di tufo, come ce ne sono tante in zona.

Cominciamo ad aggirarla in senso antiorario e, incuriositi, entriamo in quella che pensiamo sia una delle migliaia di grotte artificiali scavate nel tufo, onnipresenti nella Tuscia.
E invece… non è una grotta, ma la base di un pozzo rettangolare che trafora l’intera collina, una sorta di gigantesco calapranzi. Un’opera emozionante, di periodo ignoto, probabilmente falisca, e apparentemente senza significato.
Arriviamo sulla cima della rupe, risalendo una stretta cengia.
E da qui possiamo ammirare il pozzo dall’alto. Personalmente non ho mai visto nulla di simile.
Ma non è finita!
Infatti, sempre dalla sommità della rupe, godiamo del panorama di Faleria antica, che, come una nave, si protende sul suo promontorio roccioso a dominare la forra. E qui il tuffo nel passato è completo.
Foto di copertina di Matteo Bordini.
