Attenzione! Stiamo per percorrere un itinerario unico fra tutti quelli scritti finora, che raggiunge, in estate, il massimo dello splendore.

Un itinerario che, più di qualsiasi altro a eccezione di quello lungo il Crèmera, mi ha impegnato nella sua perlustrazione, sia come tempo che come energie.
Un luogo dove andarci con attenzione, per via del delicato ecosistema. Ma questo lo sappiamo bene.
Parliamo di quello che forse è il più grandioso Acqua Trekking intorno a Roma.

In realtà di Acqua Trekking ne abbiamo fatti molti, finora, soprattutto obtorto collo, per esempio inzuppandoci in cerca delle gallerie etrusche.
Ne facemmo anche uno particolarmente piacevole, in estate, allorché andammo in cerca dei Bagni della Regina, le antiche terme di Veio, celate lungo il corso del Crèmera.
Oggi però tocchiamo con mano la quantità d’acqua e la varietà geologica e botanica, che rendono unici i dintorni di Roma.
In modo contro intuitivo, infatti, anche in piena estate, i fossi che stiamo per percorrere, pur a bassa quota e lontano da montagne, sono ricchi d’acqua.
Altro che fossi, come vengono detti localmente: sono vere e propri fiumi, visto che, come recita il dizionario, sono perenni.

Prima di iniziare, un cenno a Cerveteri, famosa, oltre che per le vestigia etrusche patrimonio dell’UNESCO, anche per le ormai celebri cinque cascate, che si dipanano da Castel Giuliano.
Ebbene, anche qui incontreremo cinque cascate, perenni, (più una) che nulla hanno a che invidiare con quelle più famose di Cerveteri.
Lasciamo l’auto lungo una strada di campagna e scendiamo, costume da bagno e scarpe da scoglio muniti, sul greto del fiume.

Per quasi un’ora si susseguono tratti dove l’acqua scorre placida, a tratti dove forma cascatelle, intervallate da un’alta, bianca, parete di arenaria a picco sul fiume, che si riflette nelle pozze più profonde.
A un certo punto comincia a scaturire acqua ferruginosa, di colore rosso acceso, da una serie di risorgive, fino a una vena d’acqua rossa che esce da una grotta lungo la destra orografica. L
a grotta era un’antica cava di ferro e zolfo.
In corrispondenza di una curva del fiume si staglia un’altra grandiosa parete bianca di arenaria.
Qui possiamo salire sul pendio sulla sinistra orografica e visitare la mola Paradisi, del 1800. Al suo interno, purtroppo degradato, possiamo ancora vedere, in due fori nel pavimento, il meccanismo di funzionamento.

Riscendiamo nel fiume e ci appare uno scenario da film sul Medioevo: sulla destra orografica un’altra cava e davanti a noi un ponte, sempre del 1800, con cascata sottostante (la prima delle cinque).
Alle sue spalle il sistema di chiuse che convogliava l’acqua alla mola.
La mola prova che il Fosso di S. Antonino è perenne, visto che un tempo sfruttavano, certo meglio di noi, l’energia rinnovabile dell’acqua per i mulini, che, una volta costruiti, dovevano operare per tutto l’anno.
Dopo il primo idromassaggio della giornata sotto la cascata, continuiamo lungo il fiume e giungiamo alla seconda cascata, la più maestosa.

Nell’estate del 2019, però, la cascata non c’è.
Si sono infatti stappate due delle paratie della vecchia chiusa e l’acqua esce da due fori differenti: due cascate al prezzo di una.
Meno fragorose ma ancor più suggestive, se possibile, con duplice possibilità di idromassaggio.
Dopo il secondo idromassaggio della giornata risaliamo e riscendiamo la scarpata a lato della cascata, lambiamo ruderi della mola (la Moletta di Mezzo), di epoca medievale, al cui interno, come nel caso di Mola Paradisi, veniva convogliata l’acqua per il tramite della chiusa e giungiamo alla terza cascata, non alta ma incantevole, con il suo doppio braccio, non idromassaggiabile.
Anche questa con mola d’ordinanza, la Mola di Sopra, quasi intatta, con all’interno ancora le macine e, anche, di epoca medievale.
A questo punto dobbiamo fare una deviazione a piedi di circa venti minuti, che ci porta al lago di pesca sportiva, poco distante ma non raggiungibile via fiume.

Qui ricomincia l’Acqua Trekking, che tocca il massimo del fulgore dopo pochi minuti, allorché arriviamo al cospetto della Cascata dell’Ogliararo, lungo l’omonimo fosso, la quarta, individuata grazie a Super Luigi Perini.

Nel frattempo abbiamo infatti lasciato il Fosso Di S. Antonino e ci siamo immessi in quello dell’Ogliararo, anch’esso carico d’acqua.
Il secondo salto della cascata è complesso da raggiungere, ma stupendo, con le concrezioni travertinose, le pareti rocciose muschiate e color smeraldo e una grotta dietro il velo d’acqua, dove continuare a idromassaggiarci.

E qui devo aprire una parentesi: il 14 luglio 2019 avevamo percorso questo acqua trekking con un gruppo e, scesi a questa cascata, avevamo sguazzato nell’acqua alta circa ottanta centimetri, oltre a idromassaggiarci.
Bene! Effettuando il medesimo acqua trekking, con un altro gruppo dopo venti giorni, trovammo due metri d’acqua e la necessità di nuotare nella splendida piscina naturale che si era creata, per raggiungere la cascata.
Se non ci fossero le foto, direi che si è trattato di un sogno.
La pioggia della settimana precedente potrebbe spiegare quell’autentica meraviglia naturale che si è creata: forse la bomba d’acqua ha spazzato via il fango e ha lasciato libera la conca rocciosa sotto la cascata.
Ad ogni modo, qualunque cosa sia avvenuta, l’effetto è straordinario!

Rimontiamo il dislivello e ci inoltriamo in un tratto di fiume tranquillo, tipo canale del midi francese.
Dopo poco ci appaiono alcune gallerie, sulla riva orografica sinistra, al solito antichissime, di ignota origine e suggestive.
Qualche decina di metri e ci troviamo davanti un salto di circa un metro e mezzo, che superiamo con un po’ di attenzione.
Oltre questo salto il fiume si apre con uno slargo assolato, che ci offre un altro spettacolo: l’acqua scorre, trasparente, con tonalità fra il verde e il viola lungo le placche di travertino.
Continuiamo ed entriamo nella semioscurità della forra in un crescendo di rapide e di tonalità smeraldine.
Qui il Fosso cambia nome: da Ogliararo diventa Fosso dell’Acqua Forte, e capiamo presto il perché.

Passiamo sotto il ponte medievale, sul quale transitava la strada che collegava Castelnuovo a Sacrofano e il rosso delle emergenze ferruginose diventa il colore dominante, in un crescendo, fino al punto forse culminante del nostro Acqua Trekking: una piccola cascata vermiglia che ci si para dinnanzi e che ne preannuncia un’altra, sempre vermiglia.
A sinistra, invece, arriva un affluente laterale, che sembra un canyon alpino.

Arrampichiamo con gli arti in opposizione e giungiamo al cospetto della cascata vermiglia più alta, la quinta.
Qui siamo al top: davanti alla cascata possiamo anche sguazzare nel bacino d’acqua di quasi un metro e mezzo, che si è formato in questo piccolo, fantasy, anfiteatro di roccia.
Risaliamo il pendio alla sinistra orografica, esposto e pericoloso, e, dopo poco, ci reimmettiamo lungo il corso dell’Acqua Forte per altre due sorprese: una piccola cascata fra le rocce di circa quattro metri, celata in un antro scuro (la sesta) e, a seguire, una sorgente di acqua fresca, frizzante e ferrigna, che scaturisce dalla parete a circa un metro dal pelo dell’acqua e che ci disseta piacevolmente.

A questo punto possiamo continuare, finché ne abbiamo voglia e/o i rovi ce lo impediscono.
Per quest’avventura, inaspettata per la sua vicinanza a Roma, dobbiamo ringraziare l’immensa falda a monte di questo bacino idrografico.
Dovremo sperare che questa falda rimanga attiva, perché, se si esaurirà, per via di un clima sempre più incostante, e il Fosso di S. Antonino e quelli dell’Ogliararo e dell’Acqua Forte andranno in secca, allora ci sarà da preoccuparsi più che mai per il caos climatico … ma a quel punto sarà tardi.

Cosa? Volete sapere se l’acqua è pulita?
Direi di si! In particolare dal punto in cui si imboccano in sequenza i fossi dell’Ogliararo e dell’Acqua Forte, le cui sorgenti sono a breve distanza e in un territorio non antropizzato.
Peraltro sono nell’estate del 2019 ho effettuato questo percorso sei volte, con tutti i bagni/idromassaggi possibili, senza alcun effetto collaterale, se si esclude uno stato di esaltazione/euforia, non so se dovuto ad oppiacei dispersi nell’acqua o … all’incanto di questi luoghi.
A proposito, ma sapete che se dalla località Pian di Lalla discendiamo il fosso di S. Antonino, anziché risalirlo, arriviamo al Ponte S. Marcello?!?

La foto di copertina è di Giulio Giuliani.
Buongiorno Luigi, vorremo fare questo percorso. Davdove si parte? Dove si può lasciare la macchina?
Ti ringrazio e le foto sono bellissime!
Riccardo
Salve Riccardo; leggo ora.
Grazie!
Si parte dalla “strada Pian di Lalla” che trovi a sn sulla flaminia poco prima di Riano.
Lasci l’auto sul fondo e prosegui lungo il fiume.
Ad ogni modo nella quarta guida che sta per uscire, troverai tutte le info.
E, poi, prox. estate, rifaremo più volte questo acqua trekking!
Buona sera stavo cercando l’ingresso da lei indicato su google maps , non trova la via volevo sapere con esattezza il punto di partenza con delle coordinate , e dove si poteva parcheggiare l’auto , la ringrazio aspetto la sua risposta
Voilale le info tratte dalle mie guide:
23. L’Acqua Trekking più grandioso dei dintorni di Roma: le cinque cascate di Castelnuovo di Porto.
Attenzione! Stiamo per percorrere un itinerario unico fra tutti quelli scritti finora, che in estate raggiunge il massimo dello splendore. Un itinerario che, più di qualsiasi altro e al pari con la forra del Crèmera (capitolo 16) mi ha impegnato nella sua perlustrazione, sia come tempo che come energie. Un luogo dove andarci con attenzione, per via del delicato ecosistema. Ma questo lo sappiamo bene.
Si tratta, probabilmente, del più strepitoso Acqua Trekking possibile intorno a Roma.
In realtà di Acqua Trekking ne abbiamo fatti molti finora, soprattutto obtorto collo, per esempio inzuppandoci in cerca delle gallerie etrusche, poi percorrendo, appunto, quello lungo il Crèmera, poi quello lungo il Fosso dell’Acqua Raminga, descritto nel prossimo volume. Questo è però unico: qui tocchiamo con mano la quantità d’acqua e la varietà geologica e botanica che rendono altrettanto unici i dintorni di Roma.
In modo contro intuitivo, infatti, anche in piena estate il fosso che stiamo per percorrere, pur trovandosi a bassa quota e lontano da monti potenzialmente ricchi d’acqua, scorre sontuoso. E, nonostante sia chiamato fosso, è un vero e proprio fiume, visto che, come recita il dizionario, è perenne.
Prima di iniziare, un cenno a Cerveteri, famosa, oltre che per le vestigia etrusche patrimonio dell’UNESCO, anche per le cinque cascate (più la sesta descritta nel secondo capitolo), che si dipanano verso Castel Giuliano. Ebbene, anche qui incontreremo cinque cascate (in realtà sono di più), anche queste perenni e che nulla hanno a che invidiare con quelle più rinomate di Cerveteri.
Bene. Lasciamo l’auto lungo una strada di campagna e scendiamo, costume da bagno e scarpe da scoglio muniti, sul greto del fiume. Per quasi un’ora si susseguono tratti dove l’acqua scorre placida, a cascatelle. Intanto un’alta, bianca, parete di arenaria a picco sul fiume si riflette nelle pozze più profonde. A un certo punto comincia a scaturire acqua ferruginosa, di colore rosso acceso, da una serie di risorgive, fino a una vena d’acqua rossa che esce da una grotta – un’antica cava di ferro e zolfo – lungo la destra orografica.
Ad una curva del fiume si staglia un’altra grandiosa parete bianca di arenaria. In corrispondenza di questa possiamo salire sul pendio sulla sinistra orografica e visitare la mola Paradisi, del XIX secolo. Al suo interno, purtroppo degradato, possiamo ancora vedere, in due fori nel pavimento, il meccanismo di funzionamento. Riscendiamo nel fiume e ci appare uno scenario da film fantasy: sulla destra orografica un’altra cava antichissima, davanti a noi un ponte, sempre del XIX secolo, con cascata sottostante (la prima delle cinque) e alle sue spalle il sistema di chiuse che convogliava l’acqua alla mola. È la prova che il Fosso di S. Antonino è perenne, visto che un tempo sfruttavano, certo meglio di noi, l’energia rinnovabile dell’acqua per i mulini, che, una volta costruiti, dovevano operare per tutto l’anno.
Dopo il primo idromassaggio della giornata continuiamo lungo il fiume e giungiamo alla seconda cascata, la più maestosa (o almeno era la più maestosa e sotto vediamo perché non lo è più), quella collegata alla Mola di Mezzo.
Apro una parentesi. Solamente nel gennaio del 2018, in occasione del sopralluogo a Belmonte (capitolo 18), questa cascata presentava un unico salto. Dopo qualche mese si era stappata una delle paratie della chiusa, e i salti erano due, di cui uno, appunto, attraverso il foro della paratia. Dopo diciotto mesi, e precisamente il 21 luglio del 2019, in occasione di un acqua trekking con un gruppo, il salto principale, quello a destra, non esisteva più e l’acqua fluiva, impetuosa, solamente dal foro della paratia. Dopo soli 13 giorni, il 3 agosto, la situazione era di nuovo mutata: si era stappata una seconda paratia e l’acqua fluiva, quindi, da un secondo foro, che creava una seconda cascata con secondo idromassaggio. Due al prezzo di uno.
Questa cascata era, dunque mutata quattro volte in un solo anno e mezzo.
Risaliamo e riscendiamo la scarpata a lato della cascata, lambendo i ruderi della mola di epoca medievale (la Mola di Mezzo), al cui interno, come nel caso di Mola Paradisi, veniva convogliata l’acqua per il tramite della chiusa a monte della cascata e delle relative canalizzazioni, e giungiamo alla terza cascata, non alta ma incantevole, con il suo doppio braccio. Anche questa con mola d’ordinanza, la Mola di Sopra, pure di epoca medievale, quasi intatta e con all’interno ancora le macine. A questo punto dobbiamo fare una deviazione a piedi di circa venti minuti, che ci porta al lago di pesca sportiva, poco distante ma non raggiungibile via fiume.
Qui ricomincia l’Acqua Trekking, che tocca il massimo del fulgore dopo pochi minuti, allorché arriviamo al cospetto della Cascata dell’Ogliararo, la quarta, individuata grazie a Super Luigi Perini, lungo l’omonimo fosso, che abbiamo visto nel capitolo 19, dove praticare un altro idromassaggio. Nel frattempo abbiamo infatti lasciato il Fosso Di S. Antonino e ci siamo immessi in quello dell’Ogliararo, anch’esso carico d’acqua e, quindi, vero fiume e non banale fosso. Il secondo salto della cascata è complesso da raggiungere, ma stupendo, con le concrezioni travertinose, le pareti rocciose color smeraldo ricoperte di muschio e con una grotta dietro il velo d’acqua, dove continuare a idromassaggiarci.
Apro, ora, una seconda parentesi: il 14 luglio 2019 avevamo percorso questo acqua trekking con un gruppo. Giunti alla cascata dell’Ogliararo, avevamo sguazzato nell’acqua alta fra i trenta e i settanta centimetri. Bene! Effettuando il medesimo acqua trekking con un altro gruppo il 3 agosto (dopo venti giorni esatti), con il quale avevo ammirato la quarta metamorfosi della cascata della Mola di Mezzo, continuammo a risalire il fiume, fino a scendere nuovamente al cospetto della cascata dell’Ogliararo.
Ero l’unico ad averla già vista e intuii che qualcosa non quadrava, ma non riuscivo a capire cosa. Feci per attraversare il “laghetto” antistante la cascata e … traaa!!! Sprofondai sott’acqua, sotto gli occhi attoniti degli altri, che dovevano aver pensato “ma che fa questo?!?”.
Dove venti giorni prima c’erano si e no cinquanta centimetri d’acqua, in quel momento ce n’erano almeno due metri. Toccato il fondo, riemersi e con alcune bracciate raggiunsi la cascata, attonito. Se non ci fossero le foto, potrei pensare a un sogno. Cosa era successo? Forse la pioggia della settimana precedente aveva provocato una bomba d’acqua, che aveva spazzato via il fango e svuotato la conca rocciosa sotto la cascata (oltre ad aver stappato la seconda paratia della cascata della Mola di Mezzo). Ad ogni modo qualunque fosse stata la causa, l’effetto moltiplicava a dismisura l’incanto di questa cascata.
Ci inoltriamo ora in un tratto di fiume tranquillo, tipo canale del Midi. Dopo poco ci appaiono alcuni cunicoli, al solito antichi e di ignota origine. Qualche decina di metri e ci troviamo davanti un salto di circa un metro e mezzo, che superiamo con un po’ di attenzione. Oltre questo salto il fiume si apre con uno slargo assolato, che ci offre un altro spettacolo: l’acqua scorre, trasparente, con tonalità fra il verde e il blu cobalto lungo le placche di travertino. Continuiamo ed entriamo nella semioscurità della forra in un crescendo di rapide e di tonalità smeraldo. A un certo punto, se andassimo a destra (sinistra orografica), risaliremmo il Fosso dell’Ogliararo. Noi invece andiamo dritti lungo quello che viene chiamato “Fosso dell’Acqua Forte”, e capiamo presto il perché.
Passiamo sotto il ponte medievale sul quale transitava la strada di epoca medievale fra Castelnuovo e Sacrofano che porta a Belmonte (capitolo 18) e il colore dominante diventa il rosso delle emergenze ferruginose, in un crescendo, fino al punto più sfavillante del nostro Acqua Trekking: dalla destra orografica arriva un affluente laterale, che sembra un canyon appenninico, pur se in miniatura. Davanti a noi, invece, una piccola cascata vermiglia ne preannuncia un’altra, ben più grande e sempre vermiglia.
Arrampichiamo con gli arti in opposizione e giungiamo al cospetto della cascata vermiglia più imponente, la quinta, dove praticare un altro super idromassaggio, sguazzando nel bacino d’acqua di oltre un metro, che occupa il rosso anfiteatro di roccia.
Risaliamo il pendio alla sinistra orografica e dopo poco riprendiamo il corso dell’Acqua Forte per altre due sorprese: una cascata fra le rocce di circa quattro metri (la sesta – con ulteriore idromassaggio) celata in un antro scuro e, a seguire, una sorgente di acqua fresca, frizzante e ferrigna, che scaturisce dalla parete a circa un metro dal pelo dell’acqua e che ci disseta piacevolmente. A questo punto possiamo continuare, finché ne abbiamo voglia e/o i rovi ce lo impediscono.
Per quest’avventura, inaspettata per la sua vicinanza a Roma, dobbiamo ringraziare l’immensa falda a monte del fiume e dobbiamo sperare che rimanga attiva, perché, se si esaurirà, per via di un clima sempre più incostante, e questo sistema di fossi andrà in secca, ci sarà allora da preoccuparsi più che mai per il caos climatico e … a quel punto sarà tardi.
Cosa? Volete sapere se l’acqua è pulita? Direi di si! In particolare a monte del lago di pesca sportiva, ovvero lungo i Fossi dell’Ogliararo e dell’Acqua Forte: le sorgenti sono infatti abbastanza vicine e scaturiscono in un’area non antropizzata.
Solamente nell’estate del 2019 ho effettuato questo percorso sei volte, fra sopralluoghi ed escursioni con gruppi, con tutti i bagni/idromassaggi possibili e senza alcun effetto collaterale, se si esclude uno stato di esaltazione/euforia, chissà se dovuto ad oppiacei dispersi nell’acqua oppure … all’incanto di questi luoghi.
A chi va bene: a chi ama sguazzare
Dislivello: circa 100 metri
Durata: 3 ore e mezza. 4 ore per la discesa alla cascata dell’Ogliararo e la risalita. In caso di utilizzo prolungato della roncola il tempo di percorrenza aumenta. Possibile dividere il percorso in due tratti
Difficoltà: Alta.
Attrezzature richieste: cordino. Roncola, che può essere utile in particolare per il tratto fra Mola Paradisi e Mola di Sopra. Scarpe da scoglio o da torrentismo e costume da bagno nei mesi caldi. Oppure galosce e salopette da pescatore nei mesi meno caldi. Utile una sacca impermeabile
Periodo raccomandato: giugno/luglio
Picnic: si
Bambini: no
Joelette: no
Descrizione: si può spezzare in due l’itinerario. Ecco la prima parte.
Si lascia un’auto presso il lago di pesca sportiva (capitoli 17, 18 e 19) in fondo a via di Pian Braccone a Castelnovo di Porto (42°06’43.3″N 12°29’02.8″E) e si risale a riprendere la Flaminia in direzione di Roma con l’altra auto. Dopo la deviazione per Riano e il monumento a Matteotti si prende a destra la via chiamata “Località Pian di Lalla” e si parcheggia nei pressi del fiume, al termine della discesa (42.089183, 12.480776).
Si scende sul greto del fiume accanto al ponte, lo si sottopassa e si procede lungo il fiume per circa 1.200 metri, lasciando un’antica cava con emergenze ferrose sulla destra orografica e sottopassando una rete (se c’è ancora), finché, dopo una grande parete bianca che si erge sulla destra orografica appare il ponte e la cascata, la prima delle cinque, presso Mola Paradisi (42.100555, 12.484528). Risalendo sul pendio alla sinistra orografica, possiamo visitare la mola (42.100123, 12.484946). Si continua lungo il fiume: oltre questo punto possono esserci rovi e diventa necessaria la roncola.
Dopo circa venti minuti si giunge alla seconda cascata della giornata, quella della Moletta di Mezzo (42.104861, 12.484967), anzi – estate 2019 – con le sue due cascate. Dalla cascata si retrocede per circa venti metri lungo la sinistra orografica e si risale un sentiero che, con una curva, rimonta la scarpata. Dopo aver lambito i resti della mola di Mezzo, si supera una recinzione e si continua lungo il greto del fiume, fino a raggiungere, dopo altri trenta minuti circa, la Mola di Sopra (42.108759, 12.484547) con la sua doppia cascata – la terza.
Superato il salto della cascata e visitato l’interno della mola, bisogna individuare una traccia di sentiero nella vegetazione. Per trovarla, bisogna percorrere alcuni metri verso monte lungo l’affluente del fosso di S. Antonino che forma la doppia cascata accanto alla mola e quindi guadarlo. La traccia è celata dalla vegetazione, ma dopo poco si apre e dopo circa quindici minuti si raggiunge l’area picnic di Monte Mariello (42.110805, 12.487265). Si imbocca in discesa la strada asfaltata e dopo pochi minuti si arriva all’auto presso il lago di pesca sportiva.
Se le forze e il tempo lo permettono, si effettua la seconda parte dell’acqua trekking. Si continua a camminare lungo la strada asfaltata. Dove questa curva (42.112036, 12.482477) si scende per una traccia il ripido pendio e ci si trova lungo la canalina, di solito attiva, che alimenta il lago. La si segue per circa cento metri e, più o meno nel punto 42.112036, 12.482477, dove si ode (salvo non sia in secca, ma dubito) lo scroscio della cascata, si scende per tracce, ripide e scivolose, tagliando il pendio verso sinistra e assicurando i meno esperti con un cordino. Si giunge sul greto del Fosso dell’Ogliararo (il Fosso di S. Antonino passa invece dall’altro lato del lago di pesca sportiva) e ci troviamo davanti alla Cascata dell’Ogliararo – la quarta – che abbiamo visto nel capitolo 19. Possiamo arrampicarci sulla sinistra orografica, percorrere un breve traverso, pericoloso per la possibilità di scivolare nella gola, e giungere all’altezza del salto superiore: grandioso. Risaliamo al terrazzamento dove si trova la canalina e la seguiamo per alcune decine di metri verso monte, finché questa si unisce al fiume all’altezza della briglia di cemento sulla sommità della cascata. Si prosegue per alcune decine di metri, fino a giungere a uno slargo del fiume dove appaiono alcune grotte di certo antichissime e di ignota origine. Si arriva quindi al cospetto di una piccola cascata, da rimontare con prudenza preferibilmente sulla sinistra orografica – cordino per i meno esperti. A questo punto ci si trova in uno slargo del fiume di grande suggestione (42.11424 , 12.48166) con placconate di travertino: attenzione agli infossamenti fra una placca e l’altra. Si continua a risalire il fiume in un crescendo di cascatelle e tonalità rosse, si sottopassa il ponte medievale (N 42.11603° , E 012.48072°) sopra il quale passa la mulattiera che porta in direzione di Belmonte e si giunge al cospetto della cascatella vermiglia (N 42.11917° , E 012.47757°). Il ramo a sinistra della forra diventa subito impervio e termina dopo pochi metri con una cascatella fra rocce variopinte. Per continuare, si deve arrampicare la cascatella con gli arti in opposizione. Oltre questa troviamo la quinta cascata (vermiglia). Da qui si risale la ripida ed esposta scarpata sulla sinistra orografica: cordino per i meno esperti.
Se non ci si sente di arrampicare la cascatella vermiglia e quindi risalire la scarpata, si torna indietro per circa 150 metri. A uno slargo si ha una via di fuga sulla sinistra orografica, che porta sulla sterrata che costeggia il fosso e la si risale, seguendo verso monte il corso dell’acqua per circa 150 metri, fino a giungere in vista della due cascate vermiglie dall’alto. Se si risale invece direttamente la scarpata sopra le cascate vermiglie, si raggiunge la sterrata, si cammina per circa venti metri lungo la strada bianca e si rientra nel fosso, a sinistra. Si passa sul versante orografico destro e, con l’aiuto di un cordino, si scende di nuovo sul greto del fiume ad ammirare un’altra cascata (N 42.11934° , E 012.47719°) – la sesta – che zampilla fra le rocce nel punto più chiuso della forra.
Si risale nella parte superiore del greto del fiume, lo si percorre per circa venti metri verso monte e, facendo attenzione alla parete sulla sinistra orografica, si individua una nicchia dal colore rosso acceso, dalla quale stilla dell’acqua. Mettendo una foglia a mo’ di cucchiaino, si crea un rivolo d’acqua fresca, frizzante, ferruginosa e deliziosa da bere (almeno per chi gradisce il sapore ferroso). Dopodiché si continua a piacere. In inverno, con meno rovi, è più semplice giungere in un luogo con due antiche gallerie simmetriche molto particolari. In ogni momento si può risalire il pendio sulla sinistra orografica e tornare al lago di pesca sportiva.
Tornando alle auto, appena la strada diventa asfaltata, non prendiamo subito quella che porta verso il lago, bensì quella che curva verso sinistra in salita. La seguiamo e, dove questa termina, scendiamo nella piccola forra sottostante (che è poi la parte alta del Fosso dell’Ogliararo) dove, in ambiente molto bello, troviamo un’altra sorgente di acqua frizzante e deliziosa (‘stavolta non ferrosa), in teoria non potabile, ma di certo da assaggiare una volta, che sgorga da una presa di cemento (42.120325, 12.479760). Dotarsi di borraccia, in quanto non è semplice avvicinarsi per bere direttamente.
Nota: se dalla località Pian di Lalla discendiamo il fosso di S. Antonino, anziché risalirlo, arriviamo al Ponte S. Marcello del capitolo 17, passando per un’ulteriore mola di epoca medievale.
Buongiorno Sig. Plos, sono uno dei proprietari della zona PIAN DI LALLA e ci tengo a precisare che non si tratta di una via aperta al pubblico bensì di una PROPRIETA’ PRIVATA. Nessuno vieta le escursioni presso il torrente che passa nella proprietà ma le macchine andranno lasciate sulla via Flaminia e sarà possibile scendere solo a piedi. Purtroppo qualche giorno fa nonostante ci fosse una sbarra tirata giù quest’ultima è stata comunque aperta senza alcun permesso e sono state trovate diverse macchine dentro un uliveto privato. Sicuro di una sua fattiva collaborazione Le porgo distinti saluti.
Buongiorno Carmine;
ha fatto bene a scrivere.
Io per primo ignoravo che non si potesse transitare per Pian di Lalla,
visto che almeno fino all’anno scorso
non (per quanto ricordi) c’erano sbarre o altro.
Lo terrò un considerazione e, qualora organizziamo un’escursione lungo il
Fosso di S. Antonino,
faremo lasciare le auto sulla Flaminia.
Grazie per l’attenzione, Carmine, e un affettuoso saluto!
Luigi