
Stiamo andando in un luogo, appena fuori Roma, praticamente ignoto, pur vicino a siti conosciuti e frequentati.
In realtà non è del tutto incognito, visto che è conosciuto dai locali e deroga quindi a una delle sei prerogative, per essere annoverato fra i luoghi segreti a due passi da Roma, ovvero che devono essere praticamente sconosciuti, possibilmente anche a chi abita nei pressi.
Ecco, per chi non li rammentasse, i sei requisiti:
- non devono essere conosciuti. Magari sconosciuti anche a chi abita nei pressi;
- non devono trovarsi di solito nelle guide escursionistiche più comuni;
- non devono essere raggiunti da sentieri segnati;
- non devono essere semplici da individuare;
- devono essere suggestivi; e ovviamente
- devono essere nei pressi di Roma (non più di 30/35 KM dal GRA. Per quanto la maggior parte dei luoghi segreti da me descritti disti pochissimi chilometri dal GRA).
abitante delle trosce di Campo Ascolano
Le torme di romani che, appena il sole capolina, si riversano sulle spiagge di Torvaianica e Tor S. Lorenzo, sono soliti arrivarvi percorrendo la panoramica litoranea che da Ostia lambisce le dune costiere.
Ma c’è un’altra strada per raggiungere Torvaianica, ovvero la Pontina, celebre per i suoi ingorghi leggendari.
Ci avventuriamo quindi sulla Pontina e ne usciamo illesi (si spera) in direzione di Pratica di Mare.
La strada per Pratica di Mare è molto bella, sempre poco trafficata, in continuo saliscendi, con a destra la tenuta presidenziale di Castelporziano, purtroppo privata e residuo dell’immensa foresta planiziale, che un tempo ricopriva l’intero litorale laziale a sud di Roma, e a sinistra una serie di tenute agricole.
Giungiamo quindi a un incrocio.
A destra, sempre lambendo la tenuta di Castelpoziano, possiamo deviare in direzione di Torvaianica o Tor S. Lorenzo e così raggiungere, se mai troviamo parcheggio, le torme di romani di cui sopra.
Proseguendo dritti, possiamo superare l’aeroporto militare e giungere all’affascinante borgo di Pratica di Mare, sorto sul probabile luogo dell’acropoli dell’antica città di Lavinium.
Qui la storia è passata potente, e ben prima della fondazione di Roma: sono i luoghi della leggenda di Enea.
Oppure possiamo…
Nella primavera del 2004 stavo seguendo, come capo progetto, un’installazione presso l’aeroporto di Pratica di Mare. Tornando verso Roma, la mia attenzione veniva regolarmente attirata da una strada che sembrava perdersi nella campagna.

Così un pomeriggio, uscito dall’aeroporto, non rientrai in ufficio, ma imboccai questa strada, parcheggiai dove finiva, presso i fabbricati di una banca, e mi inoltrai lungo una strada bianca che costeggiava un campo coltivato e che terminava al limitare di un bosco.
(Solo dopo tempo venni a sapere che avevo “scoperto” la macchia planiziale di Campo Ascolano).
Entrai nel bosco e in pochi secondi dalla luce piena dell’assolato pomeriggio mi trovai nella penombra, avvolto da una fitta vegetazione.
Il bosco era particolarmente folto e mi ricordò la selva del Circeo, altro lembo residuo della superba foresta planiziale di cui abbiamo detto.
Era attraversato da sentieri che si incrociavano; e in essi mi persi felicemente.

Camminavo affascinato, in particolare, dalla quantità di trosce nelle quali mi imbattevo, ovvero di laghetti temporanei, primaverili, pieni di vita animale e vegetale.
A un certo punto sbucai in una radura circolare quasi completamente ricoperta da una troscia, e un airone cenerino, che si era accorto solo all’ultimo momento della mia presenza, intento com’era a pescare, prese il volo dal pelo dell’acqua, quasi sfiorandomi.

L’uscita dal bosco fu altrettanto sorprendente come l’entrata, ovvero passai in pochi attimi dall’oscurità alla luce piena con, davanti, i campi coltivati e lo skyline del mare.
Ma c’era un altro aspetto che mi colpì e che in realtà sempre mi colpisce quando entro in un bosco in piano.
Infatti, dopo millenni di sfruttamento, non pensiamo ai boschi in piano.
In pianura siamo soliti vedere campi, pascoli, abitazioni. Per noi i boschi si trovano solamente sui pendii di colline e montagne.
Ecco il senso di straniamento che regolarmente mi colpisce, quando passeggio in un esteso bosco in piano e non in pendìo.
Tornatovi dopo quattordici anni, a fine agosto 2018, vidi, per fortuna, che non era cambiato nulla.
Era, anzi, anche presente una troscia, a lato di un’ampia radura, nonostante l’estate avanzata, segno della grande ricchezza di acqua di questa estate 2018, dopo due estati di siccità.
Insomma, anche a sud di Roma, nonostante la Cassa del Mezzogiorno e la conseguente urbanizzazione, possiamo godere di luoghi inaspettatamente solitari e di alto valore naturalistico.