
I segreti dei dintorni di Roma.
Questo è il settimo degli undici post dedicati alle potenzialità turistiche del Lazio.
Abbiamo visto nell’articolo precedente perché Roma, i suoi dintorni, e il Lazio per estensione, sono unici al mondo, in particolare per i resti delle immense opere: acquedotti, cave e altro, che sono il risultato delle perfette filiere dell’edilizia, dei trasporti, dell’acqua, allestite dai romani.
In particolare abbiamo esaminato una “emozionante” serie di numeri, che dimostra perché siamo un paese unico al mondo.
E ora un’altra serie di numeri, che ci fanno meglio comprendere il motivo per cui ho individuato cento luoghi segreti intorno alla città (e perché, probabilmente, ce ne sono almeno dieci volte tanto) e, anch’essi, ci emozionano, perché riassumono in poche righe la nostra storia:
- duemila anni fa Roma aveva 1.000.000 di abitanti (probabilmente molti di più)
- mille anni fa Roma aveva 30.000 abitanti
- mille anni fa Viterbo aveva 50.000 abitanti
- mille anni fa Angkor Vat aveva 1.000.000 di abitanti
- duecento anni fa Londra aveva 1.000.000 di abitanti
Cosa vuol dire ciò?
Che Roma fu la città più popolosa di tutti i tempi fino a circa al 1.000 D.C. (a meno di clamorose scoperte di città antiche più grandi) e cuore del più celebre e duraturo impero di tutti i tempi, che, per inciso, ispirò la più celebre saga di fantascienza di tutti i tempi: la fondazione, di Asimov, e, per il tramite di Asimov, ispirò il più celebre ciclo cinematografico di tutti i tempi: Guerre Stellari.
Intorno al 1.000 D.C. un’altra città, fulcro di un altro impero potente, e situata dall’altra parte della Terra, Angkor, raggiunse il milione di abitanti e, come sappiamo, ebbe un destino diverso da Roma, venendo in poco tempo seppellita dalla giungla.

Dopodiché si dovettero attendere altri 700 anni, perché un’altra città (Tokyo) arrivasse al milione di abitanti. E, poco dopo tempo, avrebbero superato questo numero anche Londra, Parigi, New York.
Per inciso è emozionante vedere il pendolo della storia oscillare fra oriente e occidente.
Ultimamente sta oscillando verso oriente (purtroppo per noi occidentali).
Dicevamo anche che i romani, in particolare a servizio della città, crearono filiere perfette, quella dell’agricoltura, del trasporto dell’acqua, dell’edilizia, tutte supportate dalla nota rete viaria.
In particolare nella periferia est di Roma troviamo le vestigia, immense, semisommerse dalla vegetazione, di cave e di acquedotti, facenti parte di queste filiere e proprio queste vestigia, integrate nella logistica della città, ci fanno comprendere la sua potenza.
E gli acquedotti sono considerati la più grande opera di ingegneria di tutti i tempi fino al 1800.

Detto ciò, cosa avvenne di tanto grave, che ridusse il numero di abitanti da oltre un milione a meno di trentamila alcuni secoli dopo, allorché Viterbo, per esempio ne contava cinquantamila?
Avvenne la guerra greco –gotica, che annientò metà della popolazione italiana e che nello specifico causò, a Roma, la distruzione degli acquedotti da parte degli ostrogoti durante l’assedio.
Così gli abitanti sopravvissuti, senza più acqua potabile, senza una logistica che li rifornisse di cibo e senza un esercito che li difendesse, sciamarono nelle campagne circostanti.
Ed eccoci arrivati al punto che spiega la grande quantità di “luoghi segreti a due passi da Roma”.
Molti di questi, infatti, altro non sono di ciò che resta delle centinaia di siti abitativi intorno alla caput mundi e, molti di questi, a loro volta, furono edificati nella modalità “incastellamento”, ovvero su precedenti insediamenti etruschi o falisci e a picco su forre con sistemi cascata/mulino e con abitazioni e depositi ipogei scavati ai piedi dell’incastellamento.
Straordinari a questo proposito sono gli incastellamenti lungo il fiume Treja, che potrebbero attivare una filiera del turismo senza pari.

Quindi l’opera geniale dei nostri antenati non si fermò con la caduta dell’impero, ma continuò, spostandosi fuori della città e andando a rimodellare il nostro paesaggio.
Il paesaggio, in particolare quello della campagna romana, soprattutto agrario, già al tempo dei romani era non solo utilità ma anche bellezza, anche per il modo con cui producevano in modo sostenibile, salvaguardando le risorse: suolo, acqua, vegetazione e di conseguenza la diversità biologica.
L’intervento di decine di generazioni di uomini geniali hanno valorizzato e accresciuto questa diversità, che peraltro è alla base della cultura agroalimentare che stiamo perdendo.

In questo paesaggio troviamo i segni dell’organizzazione territoriale, in cui sempre l’uomo è intervenuto per viverci meglio, integrando elementi antropici nella natura e creando la miscellanea unica e famosa nel mondo, che diede origine al Made In Italy.
Insomma il paesaggio incornicia l’intero patrimonio storico, artistico, culturale, monumentale, ovvero gli asset che nessun altro paese ha, che ci hanno lasciato i nostri antenati; è l’archivio della nostra storia e può e deve essere decifrato da chi ne possiede la chiave culturale.
E mettere il paesaggio al centro dell’attenzione in particolare dei ragazzi, ci permette di contrastare la crescita illimitata, di capire che la qualità delle nostre vite non è legata ai redditi e ai consumi, ma alla qualità dell’ambiente dove viviamo noi e dove vivranno i nostri figli e, in particolare, ci permetterebbe di utilizzarlo per ricevere un turismo di qualità, desideroso di emozionarsi di fronte a luoghi unici al mondo e pregni di storia, fascino, cultura.
Foto di copertina: presso S. Vittorino (di S. De Francesco)
