
Ricevo e pubblico volentieri dall’Avvocato Simone de Fraja alcune note sulla fortificazione di Grotta Marozza, di cui a suo tempo parlai sul blog di Luoghi segreti a due passi da Roma.
Simone è Avvocato, Consigliere della Camera Penale di Arezzo. Saggista e studioso delle fortificazioni medioevali e ricercatore indipendente.
A nord est di Roma, all’interno della falange meridionale della Sabina romana che si insinua sino a pochi chilometri dalla capitale, è possibile ancora che lo sguardo non si scontri dolorosamente con lotti industriali, vaste quanto anguste aree cementificate con reti di asfalto in cui i ruderi del passato medioevale cercano disperatamente ancora un po’ di aria, come alberi tra grattacieli.
Poco oltre Monterotondo, verso est e non lontano dai tracciati della Salaria e dalla Nomentana, ampie aree naturali si alternano, ed ancora prevalgono, sulle lottizzazioni. Ancora si respira un clima in cui il tempo sembra rallentato tra le cornici dei pini all’orizzonte ed in cui si fanno spazio i ritmi degli ulivi d’argento o dei vasti campi a nord di Gattaceca mentre si delineano contro le montagne i contorni di Palombara, di Mentana e Corese che prelude al corridoio sabino.
Entro il tunnel delle chiome dei pini che rigonfiano l’asfalto, un rettilineo punta verso nord-est, verso Montelibretti, incontrando i ruderi della fortificazione di Grotta Marozza e, poco oltre i casali della perduta Osteria, i lacerti ormai privatizzati di Torre Fiora apprezzabili anche da lontano.I resti delle strutture fortificate sorgono sulla piana sommità di un modesto rilievo calcareo segnato da evidenti cavità naturali.

Quanto rimane del complesso, sviluppatosi in più fasi, è ormai ben diverso da quanto ebbe a descrivere Giuseppe Tomassetti ai primi del Novecento il quale rimase affascinato dall’alta e robusta torre auspicandosi che ne venisse eseguita la rilevazione e la illustrazione quale uno dei più importanti monumenti della campagna romana.

Dell’imponente torre a pianta quadrata si conservano solo alcuni metri di elevato realizzato in regolari blocchetti di calcare bianco commessi mediante stilature a scivolo attribuibili ad un maturo Duecento, diversi per il prospetto e l’angolata della torre.
Sul prospetto ovest si apre l’accesso originario posto in quota mentre l’apertura in breccia, al livello di calpestio, permette di osservare chiaramente due fasi costruttive del manufatto il cui spessore murario, evidentemente, venne ispessito tramite rifasciatura a blocchetti come sopra descritto.
La presenza di due corpi di costruzione successivi è messa in evidenza da distacchi statici delle fasi costruttive osservabili sia in spessore di muro sia sulla testa di quest’ultimo riscontrabili a seguito accesso al livello superiore dell’edificio mediante i resti di una scala, sul fronte nord, ricavata proprio entro l’ intercapedine dello spessore raddoppiato.
La torre rimane eccentrica rispetto al un circuito murario quadrangolare di modeste dimensioni che la lambisce ad est mentre, sul lato occidentale, vennero ricavate alcune volumetrie.
Tali strutture sono a loro volta delimitate da un ulteriore circuito poligonale, più vasto e che in parte segue il ciglio tattico del rilievo, intervallato dai resti di alcune torrette probabilmente del tipo “aperte alla gola”.
La torre rompitratta rivolta a meridione sovrasta una sorta di cengia naturale che, seguendo il profilo del rilievo, trova sfogo in una ampia cavità la quale, sotto il profilo toponomastico, contraddistingue il sito (Grypta) unitamente alla corrotta espressione Marozza (Marozia).

Tracce di una cisterna e di condutture, probabilmente riferibili a precedenti fasi di frequentazione, conservavano od accedevano a riserve idriche ipogee di cui la zona è ricca, come le modeste sorgenti minerali o l’affioramento delle Aquae Labane oggi asciutte, contrassegnandone la fertilità.
Concrezioni e percolazioni calcaree nonché segni di travertinizzazione delle rocce, proprio sul lato sud del rilievo e sulle pareti della grotta, rimandano alla perduta presenza di acqua che forse aveva contribuito alla scelta del sito per l’insediamento.
Oltreché dello studio c’è necessità di conservazione dei manufatti che da sempre hanno contraddistinto le distese dell’Agro romano, affinché la Memoria, della quale i ruderi sono sentinella tra passato e futuro, possa continuare a sopravvivere anche se trasformata.
Foto di copertina di Simone De Fraja.

attendo i prossimi
Perfetto Aldo. Ai prossimi articoli dunque!!!
[…] e pubblico volentieri da Simone De Fraja queste note sulla Fortificazione di Post Montem, di cui personalmente ho raccontato in uno scorso […]