Nello scorso post ho, al solito, criticato la globalizzazione e la gabbia dell’euro, che hanno costretto fra l’altro migliaia di imprenditori del Nord Italia, per non chiudere le loro aziende, a delocalizzare: dai paesi dell’Europa orientale fino alla remota regione asiatica con epicentro Wuhan.
Chi ci governa, deve ora agire in modo opposta a quanto ha fatto negli ultimi vent’anni (anche se per me rimarrà inerte): riportare, subito, le fabbriche in Italia.

al confine con l’Alto Adige.
Un altro settore che la politica deve, ora, mettere in sicurezza, è il turismo in tutte le sue forme.
Sorprenderò chi mi conosce. Ma non ambisco alla scomparsa del turismo a lungo raggio, nonostante sia da sempre un localista hard, sia contrario a inquinanti crociere e voli transoceanici e propaghi l’importanza di conoscere il territorio dove si risiede.
Peraltro ho tanti amici che operano in questo settore e stanno affrontando una crisi durissima. Alcuni il lavoro l’hanno già perso, probabilmente per sempre.
D’altra parte penso sia inevitabile il travaso verso un turismo più sostenibile, e meno costoso, e l’epidemia, probabilmente, ne accelererà i tempi.

E, a questo proposito, mi torna in mente quanto narrato dall’imprenditore Farinetti.
Egli, pur se con alcune imprecisioni, usa il pensiero laterale, la visione e l’immaginazione che distinguono i tanti imprenditori italiani di livello: quelli che rendono l’Italia conosciuta nel mondo.
Farinetti racconta che esiste un paese sulla Terra situato a una latitudine pressoché perfetta, a metà fra polo ed equatore e, quindi, perfettamente temperato, con ulteriori caratteristiche che lo rendono unico.
Si trova infatti all’interno di un mare chiuso, di per sé bellissimo, che lo circonda da tre lati su quattro ed è interamente percorso da una catena montuosa ininterrotta e una serie infinita di colline.
Solo in tale paese esiste, per via di questa concomitanza, una miscela di irraggiamento solare/temperatura/umidità/brezze di mare-monte-collina/, che, unita alla mano sapiente di cento e passa generazioni, ha dato il via alla diversità enogastronomica, che a livello qualitativo e quantitativo non ha pari al mondo. Tanto che le prelibatezze di questo paese sono in realtà inimitabili.
E quest’unicità climatica ha anche dato vita a una biodiversità che ha dell’incredibile.

A quanto affermato da Farinetti, aggiungo che il mondo intero, in particolare quello occidentale, adora, oltre alla cucina, anche la moda e le arti, quasi sempre nate e fiorite in questo paese.
Aggiungo, poi, che, l’essere stato per millenni al crocevia fra oriente e occidente, ha reso questo paese unico per il numero e la ricchezza delle civiltà che vi hanno dimorato in tremila anni e ha dato origine all’impero più celebre di tutti i tempi e alla religione più pervasiva e potente di sempre. Un paese dove la geografia ha fatto la storia.
Mmmhhhh … avete intuito di quale paese stiamo parlando?
Dai! Questa è la volta buona che noi italiani comprendiamo di abitare in una nazione, che ha la diversità culturale e ambientale pari a quella di un intero continente.
Ecco allora che si aprono le praterie per il turismo di prossimità e per un suo corollario: il turismo di comunità.
Il turismo di comunità si rivolge ai turisti attratti dall’autenticità dei luoghi, dalla genuinità dei rapporti umani, dalla specificità della cultura e delle tradizioni locali del territorio che desiderano visitare.
Esso può svilupparsi più facilmente nei territori marginali, anche perché, di solito, sono più intatti a livello culturale e naturale.

A me, per esempio, piace soggiornare in Alto Adige, dove la comunità locale non si piega alle esigenze del turista – tipo che, o mangi alle sette di sera o salti la cena – e si sforza di mantenere le tradizioni.
Un esempio eccezionale di turismo di comunità è Bevagna, dove gli abitanti hanno dato nuova vita ai lavori artigianali, che nel medioevo venivano svolti in paese (e non relegati nelle aree industriali) e tutti potevano ammirare la maestria con la quale nascevano prodotti, sovente desiderati da tutti i paesi dell’epoca (il Made in Italy).
Gli abitanti di Bevagna hanno creato una comunità intorno al genio dei loro antenati e di questo ne godono anche i turisti, i quali, passeggiando per il paese, possono tornare indietro nel tempo.

Vogliamo accennare anche a Bologna? Che divenne a un certo punto la capitale europea del tessile, con il connubio fra la perfetta rete di canali provenienti dalle imponenti opere di canalizzazione del Reno e le centinaia di macchine, prudentemente allocate all’interno delle mura.
Sicurezza nella progettazione, qualità nell’esecuzione, funzionalità, capacità di guardare al futuro, genio, bellezza. Tutto al massimo livello come in nessun altro paese al mondo.
A Bevagna, come a Tuscania, come a Monteriggioni, poi, come in cento altri centri, è la storia che dà spettacolo, con gli spazi chiusi e aperti rimasti spesso identici da centinaia di anni.
Questo è il turismo di comunità: esperienza, emozione, recupero dei rapporti sociali.
E qui, amici e colleghi che operiamo nel turismo, ci si aprono le praterie.
Nella foto di copertina: paesaggio presso Asciano.
