
Autoproduzione di energia.
Ormai le tecnologie permettono, a chi ne ha intenzione, di autoprodurre energia.
E sappiamo, da tante puntate di “Report” e di “Presa Diretta”, dagli interventi di Luca Mercalli a “Che tempo che fa” (prima che fosse segato da questa trasmissione di marchette e marchettari) e da tante altre fonti, quante città e villaggi di Svizzera, Germania ecc. producono autonomamente energia.
Perché in Italia praticamente non ci sono esempi simili, nonostante gli Italiani possano accedere alle stesse tecnologie e abbiano gli stessi problemi da risolvere (e direi anche problemi maggiori!) di Svizzeri, Tedeschi ecc.?
Il motivo per cui gli Italiani hanno difficoltà a fare scelte in autonomia è, come abbiamo ripetutamente visto, la mancanza nella classe dirigente di progettualità, di mancanza di visione, di etica, di non volontà di aumentare il benessere alla collettività.
Più precisamente l’autoproduzione di energia, verso la quale stanno convergendo più o meno rapidamente tanti paesi, e che dovrebbe essere un punto fermo nella visione dei nostri politici, viene invece ostacolata da almeno cinque problemi principali:
1) Le Utilities e i produttori del termoelettrico nel tempo sono stati amministrati da dirigenti quasi sempre inadeguati/nominati dalla politica. Costoro hanno ritenuto di poter vivere sempre con lo stesso modello (semplici forniture di energia da combustibili fossili, adeguatamente retribuite dai cittadini). E non hanno provveduto a entrare, se non con estremo ritardo, nei mercati delle rinnovabili e dell’efficienza energetica. Finché, una volta perso quote di mercato per via appunto del FV ecc., non hanno pensato a niente di meglio, che fare lobbying contro chi vuole autoprodurre energia.
2) La mancanza di investimenti adeguati sulla rete di distribuzione, che porta alla relativa imprevedibilità delle forniture di energia da fonti energetiche alternative.
3) Per inciso cosa farebbe il GSE e i suoi 700 e passa dipendenti che girano carte, se diventassimo tutti autoproduttori? Sappiamo che più carte e burocrazia ci sono e più hanno la sicurezza del posto fisso.
4) Diventa un problema se gli autoproduttori (ormai detti Prosumer, ovvero produttori e consumatori allo stesso tempo) non sono più dipendenti dai fornitori di energia legati alla politica. E anche i nostri politici temono che i cittadini possano diventare indipendenti.
5) La fiscalità ci rimette in termini di accise e di IVA. Quindi per costoro non è concepibile che ci si possa staccare dalla rete. Bisogna mantenere inalterata la quantità di MWh su cui si pagano gli oneri, per ottenere la stessa quantità di denaro dalla tassazione (anzi, sappiamo, da tassazioni crescenti).
Sapete cosa si inventano dunque in questo caso i nostri politici (con il PD in testa) per tosare i cittadini italiani, lasciando loro appena quel tanto che serve a sopravvivere (come nel medioevo)?
Semplice: tassano l’autoproduzione!
Come? Ecco il trucco: l’AEEG ha disposto che, anche se non ci sono più incentivi, sul fotovoltaico (ad esempio) è obbligatorio installare un secondo contatore (quello che misura la generazione).
A che diavolo serve un secondo contatore? Ufficialmente a capire quanto generiamo in Italia. In realtà serve a calcolare (e quindi tassare) l’autoconsumo.
Con lo scopo di arrivare al momento in cui più si autoproduce, e più si paga la rete che non si usa!
Riassumendo, il legislatore sta preparando un insieme di simpatiche norme, in virtù delle quali chi realizzerà per esempio un impianto FV, in futuro potrà vedere schizzare verso l’alto la quota di oneri sull’elettricità autoprodotta e autoconsumata.
Un aumento che sarà maggiore quanto più calerà la domanda elettrica e/o quanto più si diffonderà l’autoproduzione.
Quindi questi vogliono prevenire l’eventualità che l’autoproduzione di energia si diffonda troppo.
Vedremo in un prossimo post i possibili scenari di questa situazione.

luigi plos